mercoledì 13 luglio 2011

UNA GUIDA NUOVA E DI SPESSORE PER IL PDL?

CERTO E  MAGARI DONNA : IL NOME ?

                  M  A  R  I  N  A
BRAVA IMPRENDITRICE,LIBERALE CON CHI NON LA PENSA COME LEI,DECISA: PUO' ESSERE PREMIER !

U
mberto Bossi si è  allevato un successore in famiglia, un delfino sotto forma di trota. In casa Berlusconi, tanto per restare in tema acquatico, è  invece cresciuta spontaneamente, a piccoli ma decisi passi, una stella.
Da mesi i giornali fantasticano sui nomi dei possibili sostituti del premier e lui si diverte a stuzzicarli. Due casi recenti: prima il Cavaliere ha lanciato l’esca Angelino Alfano - già indicato negli anni scorsi come il favorito - e quando tutti hanno abboccato ha inviato repentina smentita. Poi, non più tardi di due giorni fa, ha accreditato Giulio Tremonti, battezzandolo come l’unico in grado di sostituirlo.
Posto che sulle qualità dei due ministri di cui sopra non si discute e nell’immediato entrambi sarebbero in grado di reggere adeguatamente l’ingombrante testimone, va notato che ormai da mesi s’impone con forza un’altra personalità. Una piccola stella, dicevamo, sempre più splendente, che risponde al nome di Marina Berlusconi. Per ora il cursus honorum della signora verso la leadership si è svolto quasi esclusivamente sul  Corriere della Sera, a colpi di interviste (l’ultima ieri). Ma è proprio leggendo le sue dichiarazioni e notandone l’evoluzione negli anni che si può affermare senza timore di sbagliare: ha tutte le carte in regola per guidare il centrodestra.  Spieghiamo perché.
Punto primo, la carta d’indentità. Nata nel 1966, ha la maturità necessaria per comandare e al contempo la propulsione non indifferente della gioventù, garantirebbe un ricambio generazionale di cui questo Paese probabilmente sente il bisogno.
Punto secondo, è  un’imprenditrice di successo e del resto ha avuto un ottimo maestro, senza contare l’influenza positiva del Dna. Da anni  è  al timone della Mondadori, non si risparmia e la conduce con il talento che merita una delle più grandi aziende italiane. Non solo, il modo in cui la gestisce è  indice del suo temperamento liberale. Non mette il naso nelle scelte editoriali, anzi permette all'intellighenzia più ferocemente  antiberlusconiana di pubblicare e godere di un palcoscenico inimitabile.
Ha sopportato le critiche di Roberto Saviano, attacchi che avrebbero steso ben altri manager. Alle letterine indignate dello scrittore, ha sempre replicato con classe e fermezza, non ha mai fatto passi indietro nella difesa di suo padre però  ha sempre ribadito la sua intenzione di garantire totale libertà agli autori. Se c’è  una cosa di cui Saviano non può accusarla, è  di avergli negato appoggio, visibilità e completa disponibilità dei suoi dipendenti. Lo stesso ha fatto con altri contestatori dell'ultima ora come il teologo Vito Mancuso. Assume gay, etero, cattolici, atei senza pregiudizi, basta che siano capaci.
Ennesimo punto a favore: Marina non le manda a dire. Ha ben chiare le battaglie che il centrodestra ha combattuto in questi anni e mette la sua sua spada al servizio della causa con coraggio. Ieri a Daniele Manca del Corriere ha espresso il proprio pensiero sulla giustizia. Per lei, il circo mediatico-giudiziario è  una  «quasi ventennale anomalia che nasce proprio da un’assenza di politica. Perché l’opposizione ha rinunciato a svolgere il suo ruolo e spera soltanto nei plotoni di esecuzione mediatici e giudiziari, che tengono nel mirino anche le nostre aziende». E ribadisce: «è dal 1994 che la vita del Paese è  avvelenata dal rapporto perverso tra certa magistratura e certa informazione». Certe toghe, non tutte, poiché  «la stragrande maggioranza dei magistrati fa il suo lavoro in silenzio e con la massima professionalità  e onestà  intellettuale».
Le sono bastate poche righe per stendere il partito di Repubblica, che attua «un linciaggio sistematico» contro suo padre. Cita Carlo De Benedetti, spiega che per il suo gruppo ha sfruttato le stesse leggi che si volevano redatte «ad aziendam» per Mondadori, indica nel gruppo Espresso la vera macchina del fango. Non ha paura di esprimersi sull'inchiesta Ruby, definita una «farsa». Riesce a parlare con la stessa autorità della gogna giudiziaria di Silvio e della guerra in Libia, un orrore che probabilmente non si poteva evitare poiché «facciamo parte della Nato»  e «il governo ha fatto quanto era giusto fare».
Marina si rivela temprata nella tempra dei capi quando affronta a muso duro GIanfranco Fini: «Gente che pur avendo tratto molti vantaggi dal rapporto con mio padre, si lascia schiacciare da un complesso di inferiorità che paradossalmente la porta a detestare chi l'ha sostenuta». E non parla per metafore, sillaba nomi e cognomi. Come quello di Ezio Mauro. Il direttore di Repubblica ha commentato indignato la sua intervista, affermando che le dichiarazioni di Marina sono «una miseria italiana» e che il suo gruppo  editoriale rispetta pienamente la legalità. Lei lo ha freddato, facendogli notare il conflitto d’interessi fra «demagogia pubblica e portafogli privato», e gli azionisti sono sistemati.
Ricercate il famigerato  “spirito del ’94”, la mitologica scaturigine del berlusconismo? Guardare che sentimento, che rabbia e insieme che moderazione traspirano dalle sue parole. Certo, lei dice che ama il suo lavoro, che non vuole dedicarsi alla politica. Spiega che serve consenso e non trasmissione ereditaria. E ha ragione, sa che i cittadini devono scegliere, solo loro possono decidere ed eventualmente eleggerla.  A noi queste considerazioni sembrano indice di qualità e di rispetto per gli italiani. Signori, qui c’è  un imprenditore giovane, alieno alle sofisticherie della politica professionale, fresco e deciso, liberale, entusiasta e battagliero. Si chiama Berlusconi. Il 1994 è di nuovo fra noi, più forte di prima.

di Francesco Borgonovo

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