capra al posto del leone
Uno Sgarbi furioso mette una capra al posto del leone
SALEMI (Trapani). Vittorio Sgarbi mette una capra alata al posto del leone di San Marco, logo della Biennale di Venezia. L'animale sgarbiano, refrain con cui il critico d'arte usa tappare la bocca alle donne in tivù quando gli obiettano, è stato rispolverato per vendicarsi della Biennale d'Arte veneziana che gli ha proibito l'utilizzo dell'emblema marciano nella mostra da lui organizzata a Salemi per il 7 agosto, presente il ministro delle Politiche Agricole Francesco Saverio Romano («imputato per mafia» come viene spiegato nell'invito).
Il logo - dicono da Venezia - non può essere copiato perché non inserito ufficialmente nel calendario approvato dal ministero dei Beni Culturali, e questo nonostante le opere degli artisti che Sgarbi ha inviato nella cittadina siciliana provengano dal "Padiglione Italia" della stessa Biennale, di cui lo stesso Sgarbi è il curatore. La decisione ha imbestialito il critico d'arte e sindaco di Salemi.
Da qui l'idea di ritoccare il nobile animale col photoshop riducendolo allo stato caprino, una soluzione grafica che sovrasta lo slogan «Salemi alla Biennale a Salemi» per significare, appunto, da un lato la presenza del Comune siciliano all'interno del "Padiglione Italia" con il "Museo della Mafia", e dall'altro l'inaugurazione a Salemi delle mostre degli stessi artisti presenti alla 54ma esposizione internazionale d'arte.
A scoprire il valore di un brand nato dall'ira e poi standardizzato nel corso di collaudate intemperanze televisive, è stato lo stesso Sgarbi che lo ha subito valorizzato.
Una capra in pelo e ossa lo accompagnava e faceva il suo ingresso nella prima puntata dello show - «Ci tocca anche Vittorio Sgarbi» - in cui il critico intendeva portare la cultura a un più ampio share televisivo. Era un bell'esemplare bianco e nero, i colori del cane di Fiorello e, quando entrò nella Scuola di Atene di Raffaello, si comportò bene interpretando con dignità la sua parte caprina. Il programma non ebbe comunque successo, anzi, deluse il pubblico, gli ascolti precipitarono e la direzione di Rai Uno fu costretta a sopprimerne la messa in onda. Salva la capra ma non il programma. Un concetto biunivoco funziona meglio se possiede identica capacità evocativa (quello di capra-Sgarbi lo è) qualsiasi sia il lato da cui lo si affronta. La cosa fu chiara a tutti dopo il celebre duetto tivù in cui Sgarbi dava della capra a Fiorello, «capra, capra, capra...» (per scherzo ovviamente) con il comico che rispondeva nell'identico martellante modo «Sgarbi, Sgarbi, Sgarbi...». Capre ovviamente sono le donne, con una sola eccezione riservata allo scrittore Aldo Busi cui Sgarbi dette della capra, ma anche del «mentecatto assoluto» e del «depensante assoluto». Così l'insulto, se breve e irrimediabile, diventa ancor più efficace quando è ripetuto, esso confonde l'avversario e ottiene il vantaggio cercato dallo spot pubblicitario, si stampa nelle teste insomma. Al Benigni presentatore di Sanreno, Sgarbi ripete ad libitum: «ridia i soldi, ridia i soldi, ridia i soldi...», solo con una breve interpunzione di «pagato, pagato, pagato...»
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