http://video.corriere.it/isabella-ferrari-nuda-senza-imbarazzo/7f7b8616-2e92-11e2-9c24-e6f239e4fed7
(Carlotta De Leo)
Fischi e risatine in sala e conferenza stampa agitata per il terzo film italiano in concorso, E la chiamano estate di Paolo Franchi. Storia di una coppia, Dino (Jean-Marc Barr) e Anna (Isabella Ferrari, che si ama ma non riesce a fare sesso. O meglio, lui ne fa, pure tanto, compulsivo, ma con chiunque altro. Coppie che si dilettano nei club per scambisti (Filippo Nigro e signora), prostitute un po' tossiche e forse anche un po' lesbiche (come Eva Riccobono). Cade in tentazione persino davanti alle pazienti semi-addormentate (di mestiere fa l'anestesista). Non si dà pace Dino (che, scopriamo, non ha superato il trauma del suicidio dell'unico fratello), va a cercare gli ex di Anna per cercare di scoprire come erano le loro relazioni, persino per chiedere loro di andare a letto con lei. Anna, da par suo, lo ama e non può fare a meno di lui, ma non riesce a reagire. Il film, ricco di riferimenti e citazioni, si apre con quella più classica presa in prestito dell'erotismo artistico: l'Origine del mondo di Courbet. La modella è la Ferrari. I nudi nel film (paragonato, piuttosto a sproposito con il Shame di McQueen) abbondano, così come le scene di partouze, in verità mesti e casti.
Fischi per il «nudo d'autore» della Ferrari
(Carlotta De Leo)
Ferrari e Barr i due protagonisti
«ARTE EGOISTA» - Ilarità, durante la proiezione stampa, per alcune battute. «Una scopata non si nega a nessuno. E se è tropo una scopata allora un pompino». «Pisciami in faccia». Le frasi della lettera di Dino all'amata che scandiscono il film. Perplessità anche per la fotografia volutamente evanescente (ma in sala il pubblico degli addetti stampa ci ha messo un po' a capire che non era un problema di messa a fuoco dovuto all'incolpevole proiezionista). Clima teso anche negli incontri con i giornalisti. Il regista di Nessuna qualità agli eroi (che già divise il pubblico veneziano anni fa) replica: «Volevo raccontare un amore che è condivisione di un dolore, anche veleno, fuori dai canoni che la società ci impone, fuori dai Baci Perugina». Le contestazioni? «L’arte è egoista: non si può piacere a tutti, non ne ho l’ambizione né la vanagloria di arrivare a tutti, neanche alla maggioranza. Qualcuno non l’ha capito, tutto è soggettivo, a qualcuno suscita quel rendez-vouscon se stesso come direbbe Duchamp. Il film può piacere o meno, in Italia con la televisione che impera non c’è nessuna forma di sperimentazione e ricerca, cultura è anche diversità nella ricerca. E’ una ricerca personale; ben vengano altre».
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