mercoledì 16 gennaio 2013

MA IL PROF.MONTI HA CAPITO IL REDDITOMETRO?


Cominciamo a dire come stanno le cose!!!!!!!


PERCHÈ IL REDDITOMETRO DI 
MONTI È DIVERSO DA 
QUELLO DI BERLUSCONI


Il c.d. redditometro è una modalità di accertamento attraverso la
quale è possibile ricostruire il reddito del contribuente sulla base
di alcuni elementi di cui dispone l’Amministrazione Finanziaria. In
particolare, attraverso il redditometro, l’Agenzia confronta il
reddito dichiarato con un reddito “stimato”, determinato in base
ad alcuni elementi-indice di capacità contributiva.
 Il principio (corretto) che si pone alla base del redditometro è il
seguente: un soggetto deve dichiarare un reddito che risulti in
linea con la spesa dal medesimo sostenuta nell’anno (non è
possibile, infatti, che un contribuente spende di più di quello che
dichiara perché, in tal caso, verosimilmente sta occultando reddito
al Fisco).

Lo strumento del redditometro è stato introdotto, nella prima metà
degli anni novanta e ha manifestato, nella fase di avvio,
incongruenze applicative dovute anche alla limitatezza dei dati
presi in considerazione e dei coefficienti applicati agli stessi
(barche, immobili, colf, etc.).
 Nel 2011, con il Governo Berlusconi, si è dato seguito a una
riforma dello strumento che lo ha reso più efficiente ed
equilibrato. Tuttavia, come sempre in questi casi, “il diavolo è nei
dettagli”.
Infatti, la versione c.d. 2.0. del redditometro, approvata con
decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 24
dicembre 2012 (Governo Monti), presenta numerose incongruenze
applicative che necessariamente devono essere corrette.

In particolare, permane il principio, equo, secondo cui è possibile
“ricostruire” il reddito del contribuente sulla base delle spese
effettivamente sostenute, ma cambiano le spese prese in
considerazione a tal fine.
Pertanto il decreto ministeriale, non in coerenza con il
provvedimento del governo Berlusconi che prendeva a base le
sole spese effettive (dichiarate dal contribuente e/o già in
possesso dell’Amministrazione), considera anche spese presuntive
fondate su medie ISTAT e su analisi e studi socio-economici.
È evidente, quindi, che il redditometro è stato snaturato perché da
strumento “personalizzato” si è trasformato in strumento statisticoinduttivo, in cui i dati alla base della ricostruzione sono nella piena disponibilità solo della Amministrazione.

Peraltro, il contribuente, per forza di cose, sarà in difficoltà a
fornire qualunque prova che il reddito posseduto è inferiore a
quello rideterminato dall’Agenzia, dovendosi difendere da una
ricostruzione su base statistica che nulla ha a che vedere con le
effettive spese dallo stesso sostenute.
Per esempio: se la media statistica dice che un individuo
mediamente acquista 3 vestiti all’anno, il contribuente sarà nella
impossibilità sostanziale di dimostrare che ha effettuato un solo
acquisto, ancorchè ciò sia rispondente al vero. Si consideri, poi, che
il nuovo redditometro si applica fin dall’anno 2009, con un
evidente effetto retroattivo, con le connesse difficoltà in termini di
documentazione da fornire all’Agenzia delle entrate (sono stati
valorizzati, infatti, dati che prima non erano rilevanti).

Pertanto, per dare piena attuazione alla finalità del redditometro
così come modificato occorre ritornare ai dati di spesa effettiva
risultanti da elementi dichiarati dal contribuente e da quelli
presenti nelle banche dati dell’Anagrafe Tributaria.
Dati, questi ultimi, che, come rilevato in una recente indagine della
Commissione Parlamentare di Vigilanza sull’Anagrafe Tributaria,
sono numerosi e importanti, ma devono essere affinati e resi
coerenti tra loro. È solo questa la strada per condurre una efficace
azione di contrasto alla evasione fiscale.






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