lunedì 31 ottobre 2011

INCONGRUENZE!!!!!! Accade a Salemi, la città delle “Case ad un Euro”.


Salemi. Uno spreco vergognoso: dodici alloggi popolari non assegnati abbandonati al degrado


Dodici appartamenti abbandonati al più completo degrado. Di questi tempi  di invocazioni ai sacrifici, la vicenda appare davvero insopportabile.


E mentre la magistratura sequestra preventivamente le "Case ad un Euro", pericolanti, uno degli edifici facenti parte del complesso residenziale di alloggi popolari di contrada Cuba a Salemi, da molti anni completati, in attesa di assegnazione nonostante l’esistenza di una regolare graduatoria, vengono lasciati inspiegabilmente vuoti e abbandonati al più completo degrado. La loro gestione,  pur essendo di proprietà comunale, è di competenza dell’I.A.C.P. di Trapani. Ciò non ha impedito che i tre piani del fabbricato disabitato rimangano la meta preferita da roditori, vandali e malviventi di piccolo cabotaggio. Per non parlare degli infissi esterni, tutti divelti e asportati. Il portone d’ingresso, di recente, dato alle fiamme. In alcune stanze sono state notate anche la presenza di siringhe. Rifiuti solidi di diversa natura. Insomma il degrado più totale. Non solo. Con le violente piogge dello scorso anno il fabbricato, ubicato ai piedi della collina Monterose, è stata investito da una frana che ha ricoperto gran parte del prospetto della parte ovest e nord. I residenti della zona si sono fatti sentire più volte. Anche con una petizione scritta. Ma, invano. 
La sistemazione dell’immobile consentirebbe l’assegnazione dei dodici alloggi agli aventi diritto, l’attenuazione di gran parte del degrado della zona, l’eliminazione di uno dei tanti sprechi che si consumano quotidianamente. 
Ci chiediamo, deve intervenire qualche autorità o deve nascere qualche polemica,  perchè il Sindaco e l'amministrazione comunale se ne interessino??

Salemi, rischio crolli nelle "case a 1 euro" la Procura ordina il sequestro


Atto preventivo d'urgenza per alcuni immobili nel quartiere arabo del Rabato. Le case fanno parte del discusso progetto dell'amministrazione guidata da Vittorio Sgarbi. Cederle a una cifra simbolica affidandone i lavori di recupero a personaggi noti. Tra gli acquirenti, il presidente dell'Inter Massimo Moratti, il regista Giuseppe Tornatore, l'ex parlamentare Vladimir Luxuria. Il sindaco: "Hanno scoperto l'acqua calda".

domenica 30 ottobre 2011

STORIA DA REPUBBLICA DELLE BANANE !!!!!!'


«Complotto istituzionale» e depistaggi L'inchiesta sbagliata su via D'Amelio

Un misterioso appunto degli 007 del Sisde anticipò la falsa soluzione

L'appunto del Servizio segreto civile partì dal centro Sisde di Palermo il 13 agosto 1992, nemmeno un mese dopo la strage di Via D'Amelio che aveva ucciso il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta. Protocollo numero 2298/Z.3068, diretto a Roma. C'era scritto che da «contatti informali» si potevano prevedere imminenti sviluppi sugli autori del furto della macchina imbottita di tritolo e «sul luogo ove la stessa sarebbe stata custodita prima di essere utilizzata nell'attentato». 
Oggi quell'appunto è senza padre. Nessuno degli agenti all'epoca in servizio tra Palermo e Roma ha saputo spiegarne origine e significato. Nemmeno colui che probabilmente lo firmò, il quale sostiene di non ricordare nulla di quello strano documento. Strano e «inquietante», come lo definiscono i pubblici ministeri della Procura di Caltanissetta nella memoria conclusiva stesa a tre anni dalla riapertura dell'inchiesta sulla strage. Perché a quella data non c'era ancora l'ombra di un pentito che parlasse del garage che avrebbe nascosto la Fiat 126 rubata per l'attentato. Solo un mese più tardi, il 13 settembre, Salvatore Candura cominciò a parlare della macchina fino ad autoaccusarsi del furto «commesso su incarico di Vincenzo Scarantino che gli aveva promesso un compenso di 500.000 lire». Poi arrivò l'altro «collaboratore di giustizia» Francesco Andriotta, decisivo per la successiva confessione di Scarantino. Falsa come quelle di Andriotta e Candura, ma tutte giudicate attendibili e messe a fondamento di condanne definitive. Finché tre anni fa è arrivato il vero ladro della 126, Gaspare Spatuzza, a riscrivere la storia della strage di via D'Amelio.
«Con le spalle al muro»
Dunque la teoria dei pentiti bugiardi fu anticipata da un documento del Sisde sugli imminenti risultati della Squadra mobile palermitana guidata da Arnaldo La Barbera, investigatore sagace e stimato successivamente divenuto questore di Palermo, Napoli e Roma, assurto ai vertici dell'antiterrorismo e dell' intelligence fino alla prematura scomparsa nel 2002. Un depistaggio sul quale continuano a interrogarsi i magistrati di Caltanissetta: fu un «complotto istituzionale» per chiudere in fretta l'indagine sulla morte di Borsellino, oppure un grave ma «semplice» errore investigativo, commesso dopo aver imboccato una strada che era «doveroso» esplorare?
La storia dell'indagine sbagliata, per come è stata ricostruita dalla Procura nissena, non ha sciolto il mistero. Che si alimenta con la clamorosa ritrattazione (successiva al pentimento di Spatuzza) del falso collaboratore Candura. Il quale nell'interrogatorio del 10 marzo 2009 ha ammesso che diciassette anni prima s'inventò tutto. Trasformando la sua confessione in un atto d'accusa. 
Riassumono i pm nella memoria inviata alla commissione parlamentare antimafia: «Egli dichiarava di non aver affatto rubato l'auto; di essere stato indotto ad accusarsi del furto e a chiamare in causa lo Scarantino a seguito delle pressioni fattegli dal dott. Arnaldo La Barbera, che l'aveva "messo con le spalle al muro" dopo che lo stesso era stato arrestato per violenza carnale; di aver conseguentemente, a seguito delle minacce fattegli dal dott. La Barbera oltre che della promessa di un consistente aiuto economico da parte dello Stato, deciso ad autoaccusarsi del furto chiamando in causa lo Scarantino che peraltro gli era stato indicato dallo stesso La Barbera come committente del furto; di aver patito durante il periodo della sua "collaborazione" con lo Stato varie minacce da parte dei funzionari di polizia che riguardavano ora la propria incolumità personale, ora quella dei propri figli».
Tre funzionari di polizia che all'epoca collaboravano con La Barbera nel gruppo investigativo Falcone-Borsellino sono tuttora indagati per calunnia in un procedimento parallelo a quello sulla strage che non s'è concluso. Interrogati, hanno negato qualsiasi irregolarità nelle indagini, e tantomeno i maltrattamenti denunciati dai falsi pentiti. Le cui dichiarazioni più recenti presentano ancora, secondo gli inquirenti, elementi di ambiguità e di incertezza. Tuttavia una spiegazione alle bugie ci deve essere. Anche a quelle di Francesco Andriotta, che raccontò di aver ricevuto in carcere le confidenze di Scarantino sulla sua partecipazione all'attentato di via D'Amelio, ne riferì ai poliziotti finché lo stesso Scarantino si convinse a collaborare con i magistrati. Ma dopo la nuova verità di Spatuzza, pure Andriotta ha fatto marcia indietro. Precisando, tra l'altro, che «nulla sapeva della strage, di non essere stato lui a "costruire le cose" bensì il dott. Arnaldo La Barbera, e che mai Scarantino gli aveva rivelato particolari sulla strage per la quale, anzi, si era sempre protestato innocente».
Nell'ultimo interrogatorio del 24 febbraio scorso, riferendosi a un particolare delle indagini di 17 anni fa, il falso pentito ha detto: «Feci quelle dichiarazioni perché i poliziotti che le Signorie Loro mi menzionano mi diedero degli appunti che contenevano ciò che avrei dovuto riferire ai magistrati». E ai pm che gli domandavano se confermava quanto aveva riferito in un precedente verbale, «e cioè che ogni volta che incontrava i magistrati per essere interrogato, poco prima aveva un colloquio con i funzionari di polizia che gli suggerivano gli argomenti di cui avrebbe dovuto parlare», Andriotta ha risposto: «Confermo».

«Eclatante forzatura investigativa»
A conclusione degli accertamenti svolti finora, gli inquirenti affermano che «non si evidenziano elementi       decisivi per riscontrare o cestinare l'ipotesi di una"eclatante forzatura investigativa" spintasi sino alla creazione delle false dichiarazioni di Andriotta in merito alle confidenze dello Scarantino sotto la regia degli uomini del cosiddetto Gruppo Falcone-Borsellino». Tuttavia, gli stessi pubblici ministeri scrivono: «Il probabile innamoramento di quel tortuoso sentiero che non si volle più abbandonare, nonostante alcune più o meno palesi incongruenze che provenivano dalle prime fonti di accusa, autorizza oggi questo Ufficio ad avanzare anche l'ipotesi che gli investigatori possano aver operato "forzature" più o meno spregiudicate, facendo ricorso all'aiuto di personaggi che non si possono definire certo "disinteressati"». E infine: «Accanto alle altre ipotesi prospettate, è con pari logica sostenibile che possa esservi stato un vero e proprio "indottrinamento" di Andriotta da parte degli investigatori».
Insomma, resta l'alternativa tra errore in buona fede e falsa pista costruita a tavolino. E a gettare un'ulteriore ombra è la deposizione di un ex poliziotto che all'epoca faceva parte del gruppo Falcone-Borsellino e in seguito ne fu allontanato, Gioacchino Genchi, discusso consulente di molte inchieste giudiziarie: «Ricordo che nel maggio 1993 Arnaldo La Barbera, piangendo, mi disse che doveva diventare questore e che le indagini sulle stragi, faccio riferimento a quella Borsellino, dovevano prendere una certa piega, nel senso che non si poteva più mantenere un'ampia impostazione delle stragi, ma bisognava focalizzare solo quei dati concreti che potevano portare ad immediati risultati, più limitati, ma concreti...». 
Come quello garantito dalla pista Candura-Andriotta-Scarantino, oggi sconfessata da Spatuzza. Ma le dichiarazioni di Scarantino non preoccupavano affatto Giuseppe Graviano, il capo-mafia autentico regista della strage di via D'Amelio. Forse gli facevano persino comodo, poiché spostavano l'attenzione dalla sua cosca ad altre. L'ha ricordato uno degli ultimi pentiti considerato attendibile dagli inquirenti, Fabio Tranchina, autista del boss di cui ha svelato il ruolo di esecutore materiale dell'omicidio Borsellino. Del presunto mafioso che riempiva verbali su verbali, Giuseppe Graviano disse: « Parrassi, parrassi quantu vuoli ». Parlasse, parlasse quanto vuole. Lui sapeva che la verità era un'altra.

29 ottobre 2011 Corriere Della Sera

martedì 25 ottobre 2011

GHEDDAFI VISTO DA SGARBI!!!

Vittorio Sgarbi racconta il suo rais:
“Il mio Gheddafi sedotto e abbandonato”

"Intorno a lui si agitavano in tanti. Destra, sinistra, centro, poteri forti, istituzioni deboli": il critico d'arte ricorda le processioni a omaggiare il colonnello e sottolinea il tradimento di Silvio Berlusconi


Berlusconi non ha avuto i coglioni di seguire l’istinto e le sirene dell’’amicizia. Gli avevo consigliato di assecondare la prudenza dellaMerkel, una donna che probabilmente non gli piace ma che davanti all’ipotesi dell’attacco alla Libia aveva preferito mettersi in un angolo e mostrare le palle. Silvio non ce l’ha fatta e forse, avrà qualche rimorso. Ma cinicamente, la ragione era dalla parte dei vari falchi, dal presidenteNapolitano Frattini, fino a La Russa. Nelle santabarbare della Cirenaica non c’erano armi chimiche, ma solo polvere e vecchi fucili. Con mio grande stupore, la resistenza libica si è sgretolata in fretta”. Vittorio Sgarbi, quasi vent’anni fa, fu il primo italiano a violare l’embargo libico. Due Cessna partiti da Lampedusa a notte fonda. Lui, l’editore Niki Grauso, una banda di pirati. “Il pilota, per evitare il ritiro del patentino, sostenne che gli avevamo puntato la pistola contro. Altri tempi”.

Ora Gheddafi non c’è più.

Lo abbiamo lisciato e blandìto fino a che ci è parso comodo. Poi l’abbiamo abbandonato. Intorno a Gheddafi si agitavano in tanti. Destra sinistra, centro, poteri forti, istituzioni deboli. E’ la storia di sempre. La nostra storia impastata con la vigliaccheria e l’opportunismo.

Chi lo lisciava?

Il nostro universo imprenditoriale, i petrolieri, l’Eni, il governo, l’opposizione, le forze di polizia. Durante l’ultima visita romana, l’avete scritto anche voi, la gara dei ministri e dei sottosegretari impegnati a farsi fotografare con il leader era impudìca. Una legittimazione evidente. Anche monsignor Mogavero, interpretò la rilettura del Corano di Gheddafi in modo laico. La definì un’opportunita utile anche alla religione cattolica. E Mogavero non è sciocco.

I protagonisti della gara?

Ambiguamente, tutti. Quelli che pensavano che la Libia fosse un baluardo contro al Queda, gli uomini d’affari e i presenzialisti annoiati. I ministri, i prefetti, i direttori generali della Rai. Dopo la caduta dell’embargo, da Dini a Andreotti, passando per La Torre, Scaroni, Berlusconi, Pisanu, Letizia Moratti, D’Alema, La Russa e Frattini, non c’era fetta della torta costituzionale che si vergognasse a far di conto con Gheddafi. Persino Tony Blair si fece fotografare con Muammar. Baci e abbracci.

Poi cosa successe?

Chi contava, all’improvviso, decise di gettarlo a mare. Paradossalmente, mi accorsi del trapasso proprio leggendo i resoconti giornalistici dell’ultima visita romana. Lo prendevano per il culo. L’ironia feroce sulle gheddaffine, lo scherno sull’abbigliamento, l’attenzione cattiva verso le tende berbere e il circo ambulante. Capii che il libero insulto era la prima avvisaglia della fine

Una novità?

Fino al giorno prima, nessuno si era permesso. Gheddafi era improvvisamente tornato il mostro di Lockerbie. Lo stragista. Il terrorista descritto con spreco di particolari efferati del pre-embargo. Segni impercettibili, ma rivelatori su quello che di lì a breve sarebbe accaduto.



Le gheddafine?

Ragazze di media intelligenza, con la sola colpa di aver accettato un rimborso di 80 euro.

Con Gheddafi, Berlusconi era in ottimi rapporti.

Dopo la cena, i lustrini e gli spettacolini dell’ultima visita romana, assistemmo assieme a una mostra. Foto d’archivio dell’occupazione italiana, non esattamente commendevoli. Nonostante le sue colpe, Gheddafi aveva convinto Silvio che, all’epoca della colonizzazione, gli italiani si fossero dimostrati i peggiori assassini del pianeta. Berlusconi era turbato, commosso. Così provai a convincerlo a non concedere le basi per bombardare la Libia.

Risultato?

Da amministratore di Salemi, il mio scrupolo non era etico né metafisico. Con Berlusconi fui insistente. “Silvio, liberiamo l’aeroporto di Trapani dai militari. Qui sbarcano quasi due milioni di turisti l’anno. Le divise li faranno fuggire”. L’avevo quasi persuaso. “Gli voglio bene, potremmo anche ritirare le truppe”, diceva. Poi ha prevalso la ragion di Stato. Le dirò una cosa che la stupirà.

Siamo qui.

Mentre assistiamo alle più penose dissociazioni tardive, bisognerà registrare che gli unici a opporsi alla soluzione militare sono stati Antonio Di Pietro, Maroni e Bossi. Nel mio ultimo incontro con Gheddafi, gli suggerii un parallelismo con il leader della Lega. “Ti somiglia e non solo a livello fisiognomico. Veste di verde, è combattivo”.

Adesso?

Dietro l’angolo non c’è la democrazia. Governeranno gli stessi che fino a un minuto fa, prendevano ordini dal dittatore. Anche Fanfani, Bocca e Spadolini erano stati nel Fascismo e poi, al momento giusto, diventarono i cantori della riscossa. Fuggire in tempo è un’arte. Il vero Gheddafi oggi, in un ribaltamento borgesiano, è il ventenne che gli spara. E ride perché ha colpito un debole. Un sorriso sinistro, demente, vuoto.



Sembra dispiaciuto.

Berlusconi mi ha deluso. Era combattuto tra le bombe che buttava all’antico sodale e il dubbio lecito: “Perché cazzo lo sto facendo?”. Ha optato per il realismo. Hanno vinto loro, senza che in realtà abbia trionfato nessuno. Così poi non si ammazza neanche un animale.



23 OTTOBRE 2011

venerdì 21 ottobre 2011

A PROPOSITO DI CALCIOPOLI!!

FORZA JUVE !!!!!!!


Abbiamo l'onore di ospitare un articolo di Piero Ostellino: una lettera indirizzata al direttore della Gazzetta dello Sport, ma buona per i direttori di tanti altri giornali.

giovedì 20 ottobre 2011

LA MANIFESTAZIONE SALEMI

Antimafia ( Clicca ed ascolta)


Salvo Bendici
"Noi cittadini di Salemi siamo a sostegno dell'antimafia"

Parla uno degli organizzatori della contromanifestazione di solidarietà all'operato di Questura e carabinieri organizzata a Salemi.


Gheddafi ucciso.



Catturato dai ribelli a Sirte:
«Nascosto in una buca, ha combattuto fino alla fine»

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martedì 18 ottobre 2011

A PROPOSITO DI COSCIENZA CIVICA !!!!

Riportiamo un'intervista rilasciata dal vice sindaco Antonella Favuzza al sito web Marsala@it il 13 ottobre u.s.:
Giovedì 13 Ottobre 2011 12:51


"Antonella Favuzza: "Mai influenzati da Giammarinaro. Sgarbi è stanco della Sicilia, non di Salemi..."

Antonella Favuzza, vicesindaco di Salemi, secondo lei quante persone c’erano alla manifestazione organizzata dal suo Sindaco, Vittorio Sgarbi, su Verità e Giustizia? Secondo noi, poche…
All’assemblea al castello c’erano tante persone. Alla fiaccolata un po’ meno, perché era mezzanotte, ed era un mercoledì….
L’indomani era lavorativo…
In molti non hanno partecipato perché hanno frainteso l’azione del Sindaco.
Cioè?
L’azione del Sindaco Sgarbi è chiarissima. Lui non prende nessuna posizione in merito all’operazione “Salus Iniqua” e Giammarinaro. A lui non interessa. Per quanto riguarda però l’influenza di Giammarinaro sull’azione amministrativa… qui il Sindaco si ribella….
Mai accettato compromessi con Giammarinaro.
Mai. Non abbiamo obbidito ad alcuna regia più o meno occulta. Invece abbiamo lavorato per svegliare Salemi dal punto di vista culturale…
Perché Sgarbi vuole il risarcimento danni dagli investigatori che stanno cercando di mettere in luce tutto quanto è avvenuto a Salemi?
Il Maresciallo Teri scrive che io avrei avuto interessi privati nella gestione del Comune e che io sono a capo di una cosca mafiosa. Addirittura scrive che io mi sono creata dei canali preferenziali per avere dei contributi per il Comune…
Ma lei non è indagata..
No.
E allora?
Teri, che manda queste carte alla Procura, è un pericolo. Ma non per me, ma per tutti quelli che leggono queste cose. Io non ho mai ricevuto un euro dal Comune di Salemi. Ho comprato casa e pago il mutuo… Ecco perché vogliamo il risarcimento: Teri scrive il falso.
Sgarbi annuncia la sua candidatura alla Presidenza della Regione. E’ un’exit strategy: è stanco di Salemi.
No. Lui è entusiasta di Salemi e della sua squadra. Abbiamo fatto un sacco di cose. Tra poco apriamo anche il Museo della Follia…
E di cosa è stanco?
Della Sicilia. Qui tutto è mafia. Tutto. Un reato di corruzione diventa subito mafia… qui c’è solo mafia. Io non ci sto.
E’ costata 7.000 l’euro l’organizzazione della fiaccolata e dell’assemblea su "Verità e giustizia"
Cosa?
C’è una delibera di Giunta.
Le fiaccole sono costate 60 euro.
Ma il costo di tutta la serata è quello.
Voi non avete visto: c’era pure il maxi schermo, e c’erano un mare di volantini con soggetto “La calunnia” di Botticelli.
Ma avete speso 7.000 euro o no?
No. Informatevi meglio.
Avete molti debiti fuori bilancio.

Informatevi meglio. Sono debiti del 2009. Quando abbiamo organizzato il Festival del cinema religioso.
E quindi?
Avevamo un direttore della ragioneria che ci ha nascosto tutti i capitoli. E lo abbiamo rimosso.
Li ha nascosti?
Si. Ci diceva che non c’erano soldi. E invece poi li abbiamo scoperti….un mare di soldi…
E i debiti fuori bilancio? Che c’entrano?
Abbiamo formato il debito e aspettiamo che il consiglio comunale lo riconosca.
Cosa che i consiglieri non fanno.
Le carte andranno alla Corte dei Conti. Il debito fuori bilancio non è da criminalizzare, perché per legge qualunque debito deve essere riconosciuto dal consiglio comunale, ma serve anche a stabilire se ci sono stati o no arricchimenti per il Comune. Non siete voi la Corte dei Conti.
Noi facciamo informazione.
Aver arredato un teatro, con le sedie e le luci, rendendolo fruibile, con i soldi spesi per il Festival del Cinema Religioso è stato un arricchimento per il Comune… O no?
Pubblicato in Salemi

Ed un contributo filmato da radiosalemi.com