venerdì 15 aprile 2011

" I PROFUGHI, CHE LI AIUTINO I VESCOVI"



I
cattolici sono indignati con Rai 3. Si sentono bersagliati ingiustamente e si sono stancati di subire in silenzio. Prendo a simbolo un giovane prete, che chiamerò don Gianni, un bravissimo sacerdote che - fra le altre cose, insieme ad altri - si fa in quattro e dà letteralmente la vita, per aiutare immigrati, emarginati, “barboni” e tossicodipendenti.

L’ultimo episodio che ha fatto indignare lui e molti altri come lui, è stata l’incredibile invettiva contro la Chiesa fatta da Luciana Littizzetto a “Che tempo che fa”, domenica sera (che sta pure su Youtube). È considerato un caso emblematico della tendenza di Rai 3, la rete simbolo dell’Italia ideologica. Il programma è quello di Fabio Fazio, programma cult della sinistra salottiera.
È noto che ogni domenica sera la Littizzetto fa le sue concioni  avendo come spalla lo stesso Fazio. Ebbene domenica, parlando di Lampedusa, a un certo punto - senza che c’entrasse nulla - la Luciana si è lanciata in un attacco congestionato contro la Chiesa, a proposito dell’arrivo dei clandestini tunisini, e ha urlato ai vescovi «dicano qualcosa su questa questione». I vescovi, a suo parere, stanno sempre a rompere «e adesso stanno zitti… fate qualcosa! Cosa fanno?».

A me pare che non esista affatto l’obbligo per la Chiesa di farsi carico di tutti i clandestini che vengono dall’Africa. In ogni caso il quotidiano dei vescovi, “Avvenire”, ieri ha sommessamente obiettato alla Littizzetto che la Chiesa non ha taciuto affatto e che proprio la scorsa settimana il segretario generale della Cei, monsignor Crociata ha convocato una conferenza stampa per informare che 93 diocesi hanno messo a disposizione strutture capaci di ospitare 2500 immigrati, caricando sulla Chiesa tutte le spese.

Ma questa risposta di “Avvenire” è uscita in ultima pagina, sussurrata e con un tono benevolo, sotto il titolo: “Chissà se Lucianina chiede scusa”. Fatto sta che attacchi come quelli della Littizzetto sono stati visti e ascoltati da milioni di telespettatori e ben pochi avranno letto la documentata risposta di “Avvenire”. Forse si può e si deve rispondere anche più energicamente. C’è chi vorrebbe pretendere le scuse del direttore di Rai 3 e soprattutto il diritto di replica.  In nome dei tantissimi sacerdoti, suore e cattolici laici che in questo Paese da sempre, 24 ore al giorno, sputano sangue per servire i più poveri ed emarginati e che poi si vedono le Littizzetto e tutta la congrega di intellettualini e giornalisti dei salotti progressisti che, dagli schermi tv, impartiscono loro lezioni di solidarietà.

Sì, perché la Littizzetto non si è limitata a questo assurdo attacco (condito di battute sul cardinal Ruini). Poi, fra il dileggio e il rimprovero morale, si è addirittura impancata a seria maestra di teologia e ha preteso persino di evocare il “discorso della montagna” - citato del tutto a sproposito - per strillare ai vescovi e alla Chiesa: «ero nudo e mi avete vestito, ero malato e mi avete visitato, avevo sete e mi avete dato da bere... Il discorso della montagna lì non vale perché sono al mare?».
E poi, sempre urlando, ha tuonato: «c’è la crisi delle vocazioni, ci sono seminari e conventi vuoti: fate posto e metteteli lì, che secondo me poi sono tutti contenti».

Non sarebbe neanche il caso di segnalare che l’ignoranza della Littizzetto è pari alla sua arroganza, perché il “discorso della montagna” sta al capitolo 5 del Vangelo di Matteo, mentre i versetti citati da lei - che non c’entrano niente - stanno addirittura al capitolo 25 (quelli sul giudizio finale che non piacerebbero proprio alla comica di Rai 3). Non sarebbe il caso di sottolineare la gaffe se la brutta sinistra che ci ritroviamo in Italia non avesse elevato comici come lei al rango di intellettuali e addirittura di maestri di etica e di civiltà.

Apprendo addirittura (da Internet) che «il 22 novembre 2007 Luciana Littizzetto ha ricevuto dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il prestigioso premio De Sica, riservato alle personalità più in luce del momento nel mondo dello spettacolo e della cultura».  Se queste sono le “personalità della cultura” che vengono premiate addirittura da Napolitano è davvero il caso di dire “povera Italia!”. Mi viene in mente Oscar Wilde: «Chi sa, fa. Chi non sa insegna».Chi conosce il Vangelo e lo vive, come il mio amico don Gianni, si fa in quattro per dar da mangiare agli affamati e da bere agli assetati. Chi invece non lo conosce, pretende di insegnarlo, lautamente pagato per le sue scenette comiche su Rai 3, e si lancia all’attacco dei “preti”.

Visto che sia la Littizzetto che Fazio - il quale ha assistito a questa filippica sugli immigrati senza obiettare, facendo ancora la spalla - mi risulta siano ben retribuiti e non vivano affatto nell’indigenza, vorrei sapere, da loro due, di quanti immigrati si fanno personalmente carico. Quanti ne ospitano a casa loro? Quanto danno o sono disposti a dare, dei loro redditi, per accogliere e spesare tunisini, libici e altri clandestini? Considerata l’invettiva della Littizzetto e il suo pretendere che altri (la Chiesa) ospitino gli immigrati a casa loro, non posso credere che lei per prima non faccia altrettanto. Sarebbe veramente una spudoratezza inaccettabile. Vorrebbe allora - gentile signora Luciana - mostrarci la sua bella casa piena di tunisini che lei avrà sicuramente ospitato?

La Chiesa non ha certo bisogno delle lezioni di “Che tempo che fa” per spalancare le sue braccia a chi non ha niente. Lo fa da duemila anni. E dà pure per scontato che il mondo non se ne accorga e neanche la ringrazi. Ma che addirittura debba essere bersagliata dalle lezioncine è inaccettabile, soprattutto poi se a farle fossero persone che non muovono dito per i più poveri.
Intellettuali, comici e giornalisti dei salotti progressisti che spesso schifano l’italiano medio (e anzitutto i cattolici), che stanno sempre sul pulpito, col ditino alzato, a impartire lezioni di morale, di solito non vivono nell’indigenza. Molti di loro trascorrono le giornate fra gli agi, in belle case e al riparo di cospicui conti in banca. Qualcuno - come si è saputo di recente - si avventura pure in investimenti sbagliati. Temerari.

Io non so come vivano loro la solidarietà. Ma a me personalmente non è mai capitato di trovarne uno che fosse disposto a coinvolgersi in iniziative di solidarietà e di carità verso i più infelici quando le ho proposte loro. Ce ne saranno, ma io non ne ho mai trovati. Prima di impancarsi a maestri e censori degli altri, non sarebbe il caso che anzitutto testimoniassero ciò che fanno loro personalmente?Noi cattolici educhiamo i nostri figli alla carità come dimensione vera della vita. Mio figlio di 14 anni trascorre il sabato mattina con altri coetanei, insieme a don Andrea, a portare generi alimentari a barboni e famiglie indigenti. E a far loro compagnia. Don Andrea educa i suoi ragazzi portandoli anche con le suore di Madre Teresa che vanno a cercare i clochard, se ne prendono cura, li lavano, li medicano, li rifocillano.

Io non ho mai visto un solo intellettuale di sinistra lavare un barbone. Invece i preti, le suore e i cattolici che lo fanno sono tantissimi. Sono persone che fin da giovani hanno deciso di donare totalmente la loro vita, per amore di Gesù Cristo. Hanno rinunciato a una propria famiglia, vivono nella povertà (i preti, titolati con studi ben superiori alla media, vivono con 800 euro al mese) e servono l’umanità per portare a tutti la carezza del Nazareno.

La Chiesa sono questi uomini e queste donne. È di questi che straparlano spesso certi intellettuali da salotto. Non so quanto se ne rendano conto, soddisfatti e compiaciuti come sono di se stessi. Non so se sono ancora in grado di provare un po’ di vergogna. Ma so che questa sinistra intellettuale (quella - per capirci - che se la prende con i crocifissi e che sta sempre contro la Chiesa) fa davvero pena, fa tristezza. Certamente è quanto ci sia di più lontano dai cristiani.

di Antonio Socci
08/04/2011









































































































































giovedì 14 aprile 2011

BERLUSCONI E L'EREDE: ALFANO E' QUELLO GIUSTO?




S
ilvio Berlusconi non ha tempo per festeggiare. Ieri l'approvazione alla Camera del processo breve che riduce la prescrizione (ora sarà all'esame del Senato), ma quasi in contemporanea le ennesime rivelazioni sul caso Rubygate e, in tempi più o meno brevi, le nuove riforme in cantiere. Sullo sfondo, ma nemmeno troppo, il possibile addio nel 2013, a fine mandato.

L'EREDE - "Ora avanti come treni", ha commentato a caldo il Cavaliere dopo il voto di Montecitorio, sottolineando il rafforzamento della maggioranza (ieri 314 sì, ma con allargamenti sensibili sui singoli emendamenti e tutti da ricercare in finiani delusi). Ai giornali esteri, Berlusconi ha sottolineato il valore della legge Alfano come argine a una "magistratura eversiva che vuole solamente farmi fuori". Poi il botto: "Nel 2013 non so se mi ricandido, lo farò dopo aver guardato i sondaggi". L'erede, però, è già designato: "Alla guida del Pdl vedo bene il ministroAngelino Alfano, e Gianni Letta potrebbe andare al Quirinale. Io mi ritaglierò il ruolo di padre nobile". Il portavoce Paolo Bonaiuti prova a frenare: "Le parole di Berlusconi? Sono solo ipotesi".

FINIANI IN VIAGGIO - Politicamente, c'è da concludere una legislatura che ha ancora molto da dire. Per questo il premier sta pensando di riaprire le porte del governo a due transfughi di Futuro e Libertà, Adolfo Urso e Andrea Ronchi: il primo dovrebbe diventare ministro delle Politiche comunitarie, il secondo viceministro. Serviranno esecutivo e maggioranza compatti perché, come scrive il direttore di Libero Maurizio Belpietro nel suo editoriale, la magistratura ha già pronto qualche tranello ad personam per rimettere nel sacco il Cav. L'unica soluzione, allora, è portare a termine la riforma della giustizia.

Palazzo Chigi 2013: Berlusconi lancia Angelino Alfano come suo erede. 'Bruciati' Giulio Tremonti, Roberto Maroni e Mariastella Gelmini. Siete d'accordo? Dite la vostra.
14/04/2011

" IL RITO AMBROSIANO"

MA E' POSSIBILE CHE I GIUDICI CHE INQUISISCONO SILVIO SIANO CONVINTI CHE GLI ITALIANI ABBIANO GLI OCCHI CHIUSI? SEMBREREBBE PROPRIO DI SI O, ALMENO, CI SPERANO !


N
iente da fare: anche dopo tanti anni e tante sfolgoranti trovate il «rito ambrosiano» è ancora in grado di sorprendere. Il Pdl si inventa la prescrizione breve? E, per pura coincidenza,  il giorno stesso in cui la Camera approva la discussa norma salva Berlusconi, ecco la risposta: lo sputtanamento breve. Brevissimo. Quasi precoce. Le “rivelazioni” di due testimoni del bunga bunga raccolte a Palazzo di giustizia di Milano lunedì mattina, proprio mentre il premier è lì, impegnato nel processo Mediaset, finiscono dritte dritte sui due più diffusi giornali nazionali, Corriere della Sera e Repubblica, il mercoledì. Un capolavoro.
E che cosa dicono le due giovani donne ai magistrati ansiosi di condannare il Cavaliere per le sue serate hard? Forniscono «la descrizione più diretta ed esplicita dei bunga bunga del premier mai fatta nell’inchiesta Ruby», assicura il quotidiano di via Solferino. Mica vero: il racconto è quello già letto e riletto in questi mesi, con la sola eccezione di una statuetta di Priapo, mai comparsa prima nelle scene a luci rosse di Arcore.
Altra sorpresa: l’avvocato che le assiste è un senatore dell’Italia dei Valori, partito che ha come ragione sociale la distruzione di Silvio Berlusconi. Ma loro dicono di ignorare sia l’esistenza dell’Idv, sia il significato della parola “senatore”. È solo un’altra fortunata combinazione in una storia che merita di essere raccontata dal principio.
 È il 22 agosto 2010, Ambra Battilana e Chiara Danese, due diciottenni sveglie e carine, che hanno già vinto dei concorsi di bellezza e non nascondono i loro sogni di gloria (meteorine, veline, starlette tv insomma), accettano l’invito di Emilio Fede a partecipare a una cena ad Arcore in compagnia del presidente del Consiglio e di altre persone. Più tardi, mentre tornano a casa, una di loro manda a Fede un sms: «Grazie per la fantastica serata!».
In gennaio, quando scoppia lo scandalo, le due ragazze finiscono su tutti i giornali del mondo. Ambra Battilana rilascia un’intervista. Il giornalista rimarca come non tradisca emozioni: né paura né vergogna. Dice Ambra: «C’è stato un invito a cena, sono andata e poi sono tornata a casa. Ho la coscienza a posto e ne posso parlare tranquillamente. Bunga bunga? Macché, col premier solo spaghetti e karaoke».
 Tre mesi più tardi, si presenta in Procura con l’avvocato-parlamentare e narra tutta un’altra storia, nella quale lei e la compagna di concorsi di bellezza e selezioni di Miss sono due Cappuccetto Rosso finite nelle grinfie del Lupo e delle sue Lupacchiotte, vengono palpeggiate dal Lupo medesimo (senza peraltro, per loro stessa ammissione, invitarlo a desistere) e assistono «letteralmente terrorizzate» ai balletti trasudanti sesso delle altre invitate.
Le menti delle due giovani innocenti ne devono essere rimaste sconvolte, visto che il loro legale sostiene che hanno subito «violenza psicologica e morale». Tuttavia le turbe si manifestano soltanto a distanza di otto mesi. Prima, come detto, garrule interviste corredate da foto più o meno osé.
Che cosa ha determinato il cambiamento? Pare che le due piccole educande siano rimaste particolarmente disgustate, seppur con un certo ritardo, dal fatto che il premier definisca quelle di Arcore «cene eleganti» e che in tutti questi mesi non abbia mai speso una parola pubblica per loro e lo abbia fatto per altre ragazze. Niente da dire: c’è da perderci il sonno.
 Quel che invece continua a sfuggire è quale sia il risvolto penale della faccenda, posto che entrambe le fanciulle erano maggiorenni, si sono recate alla cena di loro volontà e se ne sono andate quando hanno voluto, ringraziando pure. Ma la Procura di Milano, quella che ha messo insieme 400 pagine di intercettazioni per chiedere una perquisizione, soccorre prontamente con un solenne comunicato: «Le due testimonianze sono importanti per chiarire il contesto». Ah già, che sbadati: dimenticavamo il contesto...

di Massimo de' Manzoni
14/04/2011


"La sinistra ed il golpe contro Silvio ed il popolo"

dalla puntata di mercoledì di Radio Londra, condotta da Giuliano Ferrara.





C’è chi propone di fare un colpo di stato contro il governo eletto, il governo eletto dagli italiani, il governo Berlusconi. Si chiama Alberto Asor Rosa, è stato deputato della sinistra e professore universitario. Negli anni Settanta militava, diciamo, in quelle tendenze di pensiero alla Toni Negri contigue culturalmente al terrorismo italiano. Ecco che cosa ha scritto sul quotidiano comunista Il Manifesto di ieri: «Ciò cui io penso è una prova di forza che, con l’autorevolezza e le ragioni...» eccetera «... scenda dall’alto, instaura quello che io definirei un normale “stato di emergenza”, si avvale più che di manifestanti generosi, dei Carabinieri e della Polizia di Stato, congela le Camere, sospende tutte le immunità parlamentari...» eccetera eccetera eccetera.
 Insomma, un Colpo di Stato in piena regola contro il governo eletto dagli italiani. Siamo finalmente alla piena,  diciamo, dispiegata chiarezza in un progetto politico che molti altri editorialisti, questa volta di Repubblica, avevano già definito anche nella famosa assemblea del Palasharp, dove un ragazzino di tredici anni fu convocato a recitare la litania dell’odio contro l’arci-nemico.
Che cosa dicono costoro? Dicono che siccome lui, Silvio Berlusconi, ha rimbecillito gli italiani con le televisioni, siccome con i voti non credono di essere in grado di batterlo alle elezioni, siccome in Parlamento non c’è una maggioranza alternativa e invece di lavorare per trovare una maggioranza alternativa nel Paese e nel Parlamento e varare un governo come sono stati i due governi Prodi (Romano Prodi ha battuto due volte Silvio Berlusconi no?) bisogna fare qualcosa di extraistituzionale.
 E Asor Rosa, il profesor Asor Rosa, quest’uomo con questi baffi sicuri di sé e questa prosa non proprio elegantissima, dice che cosa bisogna fare: un golpe con i Carabinieri e la Polizia di Stato, che venga dall’alto contro il basso popolo incapace di capire come stanno le cose.
Un golpe delle élites, un golpe favorito dagli intellettuali e dalle loro idee.  Un golpe che, diciamo, sarebbe un esproprio di sovranità ai danni del popolo italiano.
 Guardate che non sto scherzando, Alberto Asor Rosa  non è un passante, ripeto che è stato un dirigente politico della sinistra, fa parte, diciamo, di quelle che potremmo definire la cricca Scalfari, cioè il gruppo di potere editoriale e, se posso consentirmi, lobbistico che in simbiosi con i magistrati cerca, non di portare Silvio Berlusconi ai processi, ma di abbattere Silvio Berlusconi in quanto capo politico del governo.
L’Italia è una democrazia regolare, e vogliamo stare tutti tranquilli e andare a dormire tranquilli, però c’è chi lavora per un Colpo di Stato.

di Giuliano Ferrara
14/04/2011