sabato 31 dicembre 2011

Il Financial Times bacchetta Monti !



Il 'FT': A cosa è servita la spallata a Silvio?

Il Financial Times si pone il dubbio e bacchetta Monti: "Provi ad essere più audace. Ma se perde la fiducia sarà eurocatastrofe"


Da un lato il Wall Street Journal ci svela il segreto di Pulcinella (ma vederlo nero su bianco fa sempre un certo effetto), ovvero che Silvio Berlusconi è stato fatto fuori dall'asse Angela Merkel-Giorgio Napolitano. Dall'altro, ora che il super tecnico Mario Monti è ben saldo al comando dell'Italia che versa nelle medesime difficoltà degli scorsi mesi, il quotidiano finanziario Financial Times si pone degli interrogativi.
"A cosa è servito il cambio?" - Dietro a un titolo allineato ("L'Europa non lo lasci isolato") il Ft analizza lo scenario all'interno del quale è costretto a muoversi il Professor Monti, circondato da sindacati, dalle corporazioni e dai partiti pronti a far sentire il loro dissenso dopo aver incassato la prima stangata, la manovra che il premier ha definito "Salva Italia". Così l'autorevole quotidiano finanziario sottolinea che "finora non è riuscito a sconfiggere i tassiti", come a dire che è un premier debole. Ne segue il consiglio: caro Monti, provi a essere più audace. Quindi, parlando di titoli di Stato e spread, il Ft si pone la più ovvia delle domande: "Se i tassi resteranno alti in una fase di contrazione dell'economia gli elettori inzierebbero a chiedersi a cosa sia servito il cambio di governo".
Scenari disastrosi - Il quotidiano tratteggia anche scenari catastrofici. Se il Professore perderà la fiducia, il risentimento verso il governo si trasformerebbe in rancore verso l'Europa (un rancore che in verità, nel Belpaese, è già crescente). "Uno dei Paesi più euroentusiasti - chiosa il Ft - potrebbe lentamente trasformarsi in euroscettico. Sarebbe un risultato disastroso". La domanda, il foglio finanziario, non la pone direttamente, ma dopo aver analizzato tutte le future difficoltà che incontrerà Monti pare essere molto chiara nella sua implicità: ma era così necessario defenestrare Berlusconi? Ed è servito a qualcosa? Forse servirà soltanto a peggiorare le cose...

DOBBIAMO PREOCCUPARCI?!?




sabato 31/12/2011


Golpe di Angela e Giorgio 

Hanno fatto fuori il Cav

Il Wall Street Jorunal: Merkel chiamò Napolitano per chiedergli di far cadere Silvio Berlusconi e il Colle eseguì. Ma il Quirinale smentisce.



Il colpetto di Stato? C'è stato, eccome. Libero aveva più volte scritto che l'asse attorno al quale gravitava il movimento che spingeva per abbattere Silvio Berlusconi non era soltanto italiano, ma europeo (o meglio, tedesco). La grande protagonista del trappolone è la cancelliera di Berlino, Angela Merkel. La ricostruzione del golpe è stata effettuata dal Wall Street Journal, secondo il quale la Merkel avrebbe chiamato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano - l'altro grande artefice della spallata - per chiedergli di sostituire il Cavaliere con un altro premier (il Quirinale però smentisce). La Merkel si era affannata a sostenere che era necessario rimuovere Berlusconi per evitare che la tempesta finanziaria che colpiva (e continua a colpire) l'Italia facesse crollare l'intero Vecchio Continente (il Financial Times, proprio oggi, s'interroga: a cosa è servito cacciare Berlusconi?). Peccato però che tra spread e corsa ribassista delle Borse, con l'avvento di Mario Monti, le cose non paiono essere cambiate. Il Wall Street Journal nella sua ricostruzione cita delle fonti diplomatiche statunitensi.
La ricostruzione - Secondo il quotidiano finanziario, nel corso della telefonata la Merkel si disse preoccupata per l'incapacità di Berlusconi di gestire la crisi del Belpaese, una crisi che a suo parere avrebbe potuto travolgere l'Europa e la Germania. Il complice Napolitano rispose preoccupato, poiché a suo parere non era rassicurante il fatto che Berlusconi fosse sopravvissuto a un voto di fiducia con pochi voti di scarto. Quindi i ringraziamenti della Merkel, che invitò a fare qualsiasi cosa in suo potere per promuovere le riforme. Quindi il Capo dello Stato, dopo essersi messo sull'attenti, cominciò ad agire più concretamente telefonando ai vertici dei partiti per chiedere se fossero disponibili a sostenere un esecutvio tecnico. E anche sui vertici dei partiti ci sarebbero state pressioni della Germania, pressioni che secondo il Wall Street Journal si rivelarono decisive.
Angela viola i patti - La Merkel, alzando la cornetta, ha anche violato la legge non scritta che prevede che tra i leader europei non vi sia ingerenza per quel che riguarda gli affari interni dei reciprioci paesi. Ma in deroga alle regole, la Cancelliera ha alzato il ricevitore, trovando dall'altro lato l'interlocutore scelto, Napolitano,  che come scrive il quotidiano di Rupert Murdoch "in quanto presidente italiano è la persona con l'autorità di nominare un nuovo premier se quello in carica non dovesse più avere il sostegno del parlamento". Il Wall Street Journal riferisce che la ricostruzione si è basat su "oltre due dozzine" di interviste con persone coinvolte nei processi decisionali, e aggiunge che la chiamata è avvenuta "in una fredda serata dello scorso ottobre".
La smentita del Quirinale - Il Quirinale però smentisce la telefonata. "In riferimento ad alcune indiscrezioni di stampa, internazionale e italiana, si precisa che nella telefonata, niente affatto segreta, del 20 ottobre 2011, al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il Cancelliere della Repubblica federale tedesca, Angela Merkel - recita un comunicato dell'ufficio stampa del Colle -, non pose alcuna questione di politica interna italiana, nè tanto meno avanzò alcuna richiesta di cambiare il premier. La conversazione ebbe per oggetto soltanto le misure prese e da prendere per la riduzione del deficit, in difesa dell’Euro e in materia di riforme strutturali".



venerdì 30 dicembre 2011

IO,TEO ED ERICE

IO,TEO ED ERICE

GITA IN SPAGNA

GITA IN SPAGNA

L'ORA DELLA VERGOGNA !!!!!!!

Sgarbi sceglie il suo vice con un concorso pubblico. Aperto solo a donne tra 25 e 45 anni

"E' la prima volta in Italia che si fa una selezione pubblica per la nomina di un vicesindaco", dice il primo cittadino di Salemi. "Ho pensato a una soluzione che superi i confini della politica tradizionale e il disorientamento dei partiti''. Alessandra Notarbartolo, tra le fondatrici di "se non ora quando", attacca: "Nessuna richiesta di professionalità, nessun titolo o esperienze attinenti. E' una vergogna

Un concorso pubblico per scegliere il vicesindaco. A partecipare potranno essere soltanto le donne di un età compresa tra i 25 e i 45 anni: l’età e il sesso sono infatti i requisiti fondamentali pena l’esclusione dalla selezione. Il curioso bando è stato indetto dal critico d’arteVittorio Sgarbi, che dal 30 giugno 2008 è sindaco della città di Salemi. Non riuscendo a mettersi d’accordo con i consiglieri comunali per scegliere il suo nuovo vice, Sgarbi ha deciso di bandire il provocatorio concorso. “E’ la prima volta in Italia che si fa una selezione pubblica per la nomina di un vicesindaco – dice il primo cittadino di Salemi -. Dopo un incontro con i consiglieri comunali di maggioranza, verificate le difficoltà politiche per la scelta, nella prospettiva di rilanciare l’attività amministrativa in un momento di particolare attenzione per la prossima pubblicazione del bando del progetto Case a 1 euro, ho pensato a una soluzione che superi i confini della politica tradizionale e il disorientamento dei partiti”.

Nella nota diffusa dal comune di Salemi sono contenuti tutti i dettagli per la partecipazione all’inedito bando pubblico. Le domande di partecipazione dovranno corredate di curriculum e foto e dovranno essere spedite entro il 20 gennaio alla mail ufficiale del sindaco di Salemi (vittoriosgarbi@cittadisalemi.it). Le donne partecipanti dovranno essere lontane da qualsiasi partito politico. Entro il 30 gennaio saranno scelte dieci partecipanti che verranno esaminate da un apposita commissione “I curricula – spiega Sgarbi – verranno esaminati da una commissione composta dal consigliere comunale Fabrizio Gucciardi, dall’ingegnere Giuseppe Ilardi, dall’avvocato Fabio Cinquemani, con il “concorso esterno” di Gianni Pompeo e Italo Bocchino, ovvero il sindaco di Castelvetrano e il deputato del Fli”.

Immediata è arrivata la smentita del capogruppo dei finiani alla Camera che in un comunicato scrive di “non essere mai stato contattato dal Comune di Salemi in merito alla nomina del vicesindaco né ho intenzione di prender parte ad alcuna commissione, ritenendo che le scelte dei vertici amministrativi degli enti locali spettino alla responsabilità della politica e che non possano essere sostituite da attività concorsuali”.
Più seccata invece la replica del sindaco di Castelvetrano Gianni Pompeo che recentemente era entrato in polemica con il sindaco di Salemi rispetto all’atteggiamento irriguardoso tenuto da quest’ultimo nei confronti del prefetto di Trapani Marilisa Magno.

“Mi ero riproposto di non replicare più alle trovate di Sgarbi – ha detto il sindaco di Castelvetrano – ma a questo punto mi sembra che stia superando il limite. E’ evidente che non ci sarà alcun concorso e la sua è soltanto una volgare provocazione. Ha tirato in ballo sia me che l’onorevole Bocchino soltanto perché i nostri cognomi hanno un’assonanza con parole volgari che rimandano a concetti sessuali. Credo che anche Cinquemani sia stato inserito in questa fantomatica commissione solo per la connessione del cognome con pratiche sessuali. Sgarbi con le sue trovate vuole soltanto irridere le istituzioni”.

Il sindaco di Salemi però sembra convinto della possibilità di scegliere il suo vice mediante concorso: “La decisione di indicare una donna – ha aggiunto – risponde alle necessità di garantire le quote rosa e le pari opportunità. Sono invitate a partecipare al concorso le donne che non abbiano esplicite implicazioni di partito”.

Parole che non sono piaciute neanche ad Alessandra Notarbartolo, una delle fondatrici del movimento Se Non Ora Quando? “A parte la evidente incostituzionalità, – dice la Notarbartolo -visto che esiste una legge che regola le quote rosa, a parte il chiaro contrasto con le pari opportunità, che ricordo non valgono solo per le donne ma per tutte le categorie con difficoltà di rappresentanza, i criteri di ammissibilità al concorso sono vergognosi. Nessuna richiesta di professionalità specifiche, nessun titolo o esperienze attinenti. La restrizione dell’età a 45 anni, poi, – continua la Notarbartolo – è un chiaro segnale del baratro etico e culturale in cui versa questo paese. Trovo gravissimo che il sindaco Sgarbi possa fare impunemente una dichiarazione del genere. Trovo gravissimo che venga addirittura istituita una commissione di valutazione (per valutare cosa, mi domando, visto che non è richiesto alcun titolo? prenderanno le misure seno-fianchi-cosce?) e trovo grave anche la demonizzazione dei partiti, chiaramente strumentale in questo caso, che testimonia l’arroganza di quel potere ormai slegato da ogni forma di democrazia partecipata”.


giovedì 29 dicembre 2011

TEA PARTY ITALIA



















UNIVERSITA'


ABOLIZIONE DEL VALORE LEGALE DEL TITOLO DI STUDIO, ATENEI IN CONCORRENZA TRA LORO E LIBERO MERCATO DEI PROFESSORI E RICERCATORI

L’università italiana è priva di competitività e concorrenza ed è ingessata in sistemi politici che la rendono poco più di un “titolificio”. La sua totale mancanza di competitività è dovuta all'impossibilità di strutturarsi in base alla domanda dei consumatori, le cui scelte – ad oggi – non possono né determinare i prezzi né premiare gli atenei e i docenti migliori. In un sistema di reale concorrenza tra università sarebbero penalizzate le strutture e i professori che non producono e che non sono efficienti e vicini allo studente. Secondo il Tea Party è necessario abolire il valore legale del titolo di studio e privatizzare gli atenei ponendoli così in concorrenza tra loro. Essenziale è anche la libertà delle assunzioni, un libero mercato di professori e ricercatori e la diversificazione dell’offerta dei programmi proposti agli studenti.

SANITA'


UNA SANITÀ PIÙ EFFICIENTE PER TUTTI E LIBERA DALLA BUROCRAZIA STATALE

La necessità di un contenimento della spesa del Sistema Sanitario Nazionale è secondaria rispetto ad altre voci di spesa in relazione al beneficio che offre, ma non può essere trascurata anche in relazione alle evoluzioni degli ultimi 10 anni che offrono ai nostri occhi un trend disarmante nella crescita della spesa. Ci sono regioni più e meno virtuose nell’assestamento dei volumi di spesa ma il dato generale è un aumento consolidato annuo del 10%. A questo si aggiunga il giro di malaffare legato all’assegnazione delle convenzioni per istituzioni sanitarie non pubbliche, il cui operato è difficile da controllare sia in termini di quantità che di qualità. Una proposta del Tea Party non può che consistere nella liberalizzazione del mercato. Possiamo anche tentare di approssimarci ad un sistema più efficiente che garantisca una riduzione sensibile dei costi ed un aumento della concorrenza tramite una privatizzazione delle strutture ospedaliere, con l'imposizione ad ogni individuo di una assicurazione minima, e l'integrazione statale per i meno abbienti.

PENSIONI


LA RIFORMA DELLE PENSIONI
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RESPONSABILITÀ INDIVIDUALE E AUTONOMIA PERSONALE A PARTIRE DAI CONTRIBUTI INPS. CHE DEVONO RESTARE NELLE NOSTRE TASCHE

L’INPS è stato per decenni il cardine dell’espansione dello Stato nella società, con conseguenze disastrose per la spesa pubblica e per la nostra libertà. Analizzando l’allegato statistico al rendiconto 2008 dell’INPS, si può vedere chiaramente che l’ente ha registrato solo nella sua attività pensionistica negli anni 1990 – 2008 un deficit medio tra entrate e uscite di 26 miliardi di euro all’anno, per un aggravio cumulato sui conti pubblici italiani di circa 494 miliardi di euro. La cifra non dovrebbe sorprendere: ogni volta che lo Stato si mette a gestire le nostre risorse, le probabilità che queste vengano mal gestite o sprecate è elevatissima. Il problema non riguarda dunque l’INPS di per sé ma il modello di previdenza sociale che è stato imposto agli italiani negli ultimi cinquant’anni: un modello incentrato sull’intermediazione pubblica, sull’obbligatorietà della prestazione e sul monopolio. Se si vuole evitare il default dell’ente di previdenza nazionale e se vogliamo veramente aspettare con serenità la nostra vecchiaia, non ci resta che rivoluzionare radicalmente dalla base le logiche previdenziali in Italia, passando da un sistema pubblico ad uno privato in cui vigano non già i principi dell’obbligo e della coercizione ma quelli della libertà e della responsabilità individuale. Un sistema a capitalizzazione privato offerto da fondi pensione, assicurazioni, banche, etc. che competano tra loro per ottenere i nostri contributi, è l’unico modo per garantire una gestione efficiente delle nostre risorse nel lungo periodo e per assicurare a noi stessi e alle nuove generazioni un futuro più roseo.

LA PRIVATIZZAZIONE DELLA RAI


DEVE ESSERE PRIORITARIA L'ABOLIZIONE DEL CANONE E LA VENDITA DELLE RETI A SOGGETTI PRIVATI

La RAI non concorre veramente con le TV commerciali, ma opera secondo criteri politici e non economici. Una situazione che non è più sostenibile. La privatizzazione della TV pubblica è necessaria, specialmente in un momento storico come questo dove è essenziale tagliare i costi della spesa pubblica. L’obiettivo è l’azzeramento del corpo dirigente RAI e la vendita delle tre reti a soggetti privati. Privatizzare la Rai significa abolire una tassa odiosa e retrograda come il canone.

GLI ORDINI PROFESSIONALI


CI HANNO RIPETUTO CHE GLI ORDINI SONO UNA GARANZIA PER TUTTI, QUANDO INVECE SONO SOLO UN OSTACOLO AL LIBERO MERCATO E AI GIOVANI

Gli ordini professionali servono e sono serviti negli anni soltanto ad incentivare la formazione di cartelli che hanno impedito il realizzarsi di una reale concorrenza sul prezzo, con la conseguenza che i consumatori sono stati penalizzati e chi si voleva affacciare nel mondo del lavoro si è visto ostacolato e disincentivato. Gli ordini sono dunque un impedimento enorme per il libero mercato e per un libero processo di concorrenza e continuano a perpetuare danni ai cittadini e ai giovani. La soluzione, dunque, non può che essere una de-istituzionalizzazione radicale degli ordini professionali, in modo tale che essi non rappresentino più un costo per i cittadini. Bisogna altresì incentivare l'associazionismo privato - innescando un meccanismo virtuoso di concorrenza tra gli agenti - e combattere la formazione di cartelli che tendono ad escludere i soggetti giovani ed efficienti dal mercato.

BUROCRAZIA


LA SEMPLIFICAZIONE DELLA BUROCRAZIA
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UNO DEI CANCRI DEL NOSTRO PAESE CHE OSTACOLA LA NOSTRA VITA QUOTIDIANA

L’Italia è un paese afflitto dalla burocrazia. Le conseguenze di una burocrazia inefficiente investono tutti i cittadini. La pubblica amministrazione italiana non è solo caratterizzata da adempimenti inutili che rappresentano costi enormi, quanto piuttosto da un incentivo all’inazione con tutte le ovvie ricadute su produttività ed efficienza. Ancora una volta la burocrazia si pone come ostacolo non solo per le imprese ma anche per la vita comune di ogni cittadino: basti pensare all'enormità delle pratiche richieste per costruire o ristrutturare una abitazione, per non parlare di quelle necessarie ad aprire una ditta o un negozio. Sicuramente è necessario ridurre tutte queste trafile burocratiche che ciascuno di noi è costretto a subire, con il loro corollario infinito di bolli e tasse. Per farlo si deve intervenire rivedendo la nostra pubblica amministrazione dal punto di vista della sua organizzazione, anche in relazione all'evidente e inaccettabile sovrapposizione delle competenze fra i vari livelli di governo del territorio.

LAVORO


IL MERCATO DEL LAVORO
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FLESSIBILITÀ PER LE IMPRESE, LIBERTÀ CONTRATTUALE E ABBATTIMENTO DEI PRIVILEGI DEI SINDACATI

La flessibilità è un punto di partenza irrinunciabile per permettere la naturale predisposizione dell’individuo a rinnovarsi, a mettersi in gioco affinando le proprie capacità e competenze nella direzione di un rinnovamento del mercato del lavoro e dell’impresa. Partendo da questo punto di vista è necessario ridefinire i rapporti tra lavoratore ed impresa, rapporti che non devono essere conflittuali ma devono invece mirare ad una comunione d’intenti, in special modo nel momento della contrattazione, al fine di facilitare ai giovani l'ingresso nel mercato. Questo dialogo è stato reso del tutto impossibile dalla degenerazione che in Italia ha assunto il mondo sindacale che troppe volte, nell’ambito delle relazioni industriali, ha fatto ostruzionismo non per tutelare i lavoratori ma per farne strumento di lotta politica e per garantirsi così uno spazio di privilegio e di rendita. Ecco perché riteniamo necessario garantire una maggiore flessibilità del mondo del lavoro non solo dal lato del lavoratore ma anche dal lato dell’impresa, consentendo cioè a quest’ultima di farsi a sua volta flessibile in ordine alla produzione e di recepire così quella richiesta di cambiamento e velocità che le proviene dal mercato.

LA SPESA PUBBLICA


LA SPESA PUBBLICA
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CURARE UN PAESE DROGATO DI SPESA PUBBLICA E LIBERALIZZARE I SERVIZI

La spesa pubblica italiana è giunta a dei livelli insostenibili ed è il primo motivo che impedisce il taglio delle tasse. Tea Party Italia ritiene ingannevole il luogo comune per cui “se tutti pagassero le tasse, tutti pagheremmo di meno”, non perché questo sia falso in senso assoluto ma perché storicamente, nel nostro paese, è sempre mancata la volontà politica di affiancare alla lotta all'evasione fiscale una giusta e naturale riduzione della spesa pubblica o quanto meno del suo indice di crescita: ad ogni aumento del gettito si è sempre tradotto in un aumento della spesa pubblica stessa. Ecco perché oggi tagliare la spesa è un punto prioritario, molto più della lotta all'evasione, al fine di tentare di proporre una diminuzione della pressione fiscale ed una conseguente inversione di tendenza nella gestione del terzo debito pubblico del mondo. Tagliare la spesa significa: liberalizzare quei servizi che possono essere meglio offerti dal libero mercato (ad esempio pensioni, università, RAI, aziende municipalizzate e partecipate), cancellare enti inutili e giungere ad una efficiente gestione dei servizi erogati, alienare parti di patrimonio pubblico inutilizzate. Il gettito derivante da tali dismissioni va necessariamente usato per ridurre la pressione fiscale e il debito pubblico, innescando un circolo virtuoso che va nella direzione opposta a quella tenuta negli ultimi 80 anni.

IL FISCO


IL FISCO
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LOTTARE CONTRO UN LIVELLO DI TASSAZIONE IMMORALE E OPPRESSIVO.

Il livello della pressione fiscale italiana è eccessivo e sproporzionato, se consideriamo la bassa qualità dei servizi offerti in cambio: uno Stato che esige la metà o più del frutto del lavoro delle persone è uno Stato che si allontana drammaticamente dal ruolo di servitore dei cittadini per diventarne il padre-padrone. Il livello della pressione fiscale italiana produce forte inefficienza e inibisce gravemente la crescita della produttività. Inoltre, dal punto di vista normativo, l'intero sistema tributario si presenta in maniera artificiosa, disorganica e quindi incomprensibile per la gran parte della gente comune. Il Tea Party si fa promotore di una riduzione delle tasse che sia generalizzata nei confronti di ogni categoria produttiva e ritiene doveroso che i primi beneficiari di questa riduzione siano i lavoratori autonomi e dipendenti, le piccole e medie imprese. Circa l'iter del prelievo fiscale, e specialmente per quanto riguarda le imposte dirette, riteniamo sia necessario un ripensamento ed una semplificazione degli istituti relativi alle fasi di auto-dichiarazione, accertamento e riscossione. Facciamo riferimento ad esempio agli studi di settore e alla figura del sostituto d'imposta. L'obiettivo finale della battaglia fiscale è l'ottenimento della Flat Tax, la “tassa piatta” che garantisce la stessa aliquota per tutti, necessariamente più bassa della minore aliquota attuale.

TEA PARTY ITALIA




Il movimento Tea Party Italia nasce dall'esperienza e dall'esempio del Tea Party Movement Statunitense che riunisce, sotto le bandiere della lotta al big government e alla socializzazione della società, milioni di persone ogni anno.
Proponiamo in Italia, per la prima volta, Tea Party in ogni città per manifestare contro l'eccessiva tassazione e promuovere la libertà di mercato.


Il movimento Tea Party Italia mira a fare aderire alla sua battaglia tutte le anime della galassia liberale, libertaria e conservatrice italiana.
Siamo un movimento apartitico ma aperto anche a tutti quei rappresentanti delle istituzioni, locali e nazionali, che vogliano dimostrare pubblicamente, con la loro adesione, un impegno concreto nel promuovere le nostre idee e nel lottare a favore delle istanze di cui la protesta si fa carico.
Il Movimento Tea Party Italia raccoglie insomma tutti coloro, di ogni età, estrazione sociale, e orientamento politico e ideale che sono "friends of freedom".
Il movimento Tea Party Italia ha adottato come suo slogan ufficiale: "Meno tasse, più libertà!". Una formula semplice che tuttavia racchiude tutte le rivendicazioni che intendiamo portare avanti.
Ci poniamo innanzitutto contro l'esosa tassazione italiana: quel fisco che diventa un vero e proprio socio invisibile che pretende - e ottiene, sotto la minaccia del ricorso alla forza - oltre il 50% del frutto del nostro lavoro, del nostro impegno e del nostro tempo, rubandoci così la speranza di un futuro in cui vogliamo essere i soli protagonisti delle nostre vite.


Chiediamo una riforma fiscale che miri ad un taglio netto delle tasse e che permetta dunque a tutti (lavoratori autonomi e dipendenti) di avere più soldi in tasca a disposizione per scegliere servizi offerti in regime di libero mercato e non imposti dall'alto.


Il movimento Tea Party Italia reclama l'autonomia personale e la responabilità individuale di ciascuno: lo stato italiano ci tratta come bambini da educare (se non plagiare), tener buoni e far finta di proteggere. Bambini a cui non è consentita nemmeno la possibilità di provare ad essere responsabili di se stessi, ma che devono essere indirizzati a servizi, ideologie, informazione e istruzione già predefinite.
Vogliamo che lo stato ci tratti invece da adulti: vogliamo la libertà di scegliere scuola, e sanità, pensioni e la facoltà di vivere in paese in cui vige la regola del libero mercato e non del clientelismo e dell'apparato.
Vogliamo che i nostri successi e i nostri fallimenti siano da imputare esclusivamente a noi stessi e non a qualcuno che vorrebbe governare dall'alto le nostre vite.
Noi diffidiamo dallo stato che dice di agire "per il nostro bene", perchè crediamo di essere gli unici a sapere cosa è bene per noi stessi.
Vogliamo, in sintesi, più libertà: che spesso si può tradurre in "meno stato" nelle nostre vite. Non un governo migliore, ma un governo che governi meno.



                         Il nostro progetto di libertà

MENO TASSE, PIU' LIBERTA' !


martedì 27 dicembre 2011

SALEMI : CASSE VUOTE NIENTE LUCI NATALIZIE !!!!



In tempi di crisi, come quelli che stiamo attraversando, non è un dramma che il denaro pubblico venga speso con maggiore oculatezza; però fa un certo effetto non vedere nemmeno una lucetta per le strade durante il periodo natalizio, e se questo, poi, è stato determinato dalla mancata approvazione delle variazione di bilancio di fine anno, fa pure rabbia.
Ma, naturalmente, a Salemi anche questo passa; in un Comune dove si fa spesso ricorso ai debiti fuori bilancio, dove le risorse sono limitate al pagamento degli emolumenti del personale, dove persino gli immobili in rovina vengono posti sotto sequestro dall'autorità giudiziaria per l' impossibilità a metterli in sicurezza, una amministrazione che abbia a cuore le sorti del paese qualcosa dovrebbe inventarsi. Non è certo il caso dell'amministrazione Sgarbi che in quanto ad inventiva può far conto sul solo primo cittadino e limitatamente a tutto ciò che riguarda il lato artistico.
In verità, una intuizione Sgarbi e Toscani l'hanno avuta e mi riferisco alle "case ad un euro"; intuizione di difficile realizzazione per le innumerevoli problematiche burocratiche, come quella dell'acquisizione dei ruderi al patrimonio del Comune e della relativa urbanizzazione delle zone dove ricostruirli, tanto più difficile per una amministrazione priva di fondi, risultato: i ruderi diventano pericolosi e la magistratura li sequestra.
Problematiche che a quasi 44 anni dal sisma del '68 Salemi si trascina dietro, unico tra i comuni del Belice .
II problema non può farsi carico alla sola amministrazione Sgarbi ma anche a tutte quelle che l' hanno preceduta almeno nelle ultime tre legislature .Le scelte politiche hanno privilegiato la ricostruzione delle case private senza alcun controllo e senza alcuna disciplina; se, infatti, sino a poco tempo addietro, da un lato c'erano privati che ancora dovevano ricostruire la prima casa, dall'altro molti avevano già ricostruito la seconda, la terza, quella di villeggiatura e magari qualche palazzo. Ed i ruderi? a marcire, tanto...............!
Eppure, nella legislatura precedente a questa, una precisa proposta era stata avanzata in Consiglio Comunale,naturalmente inascoltata perchè scomoda per le clientele, non certo per l'interesse comune.
Si era proposto di fare una ricognizione su tutti gli immobili che erano stati ammessi a contributo e per i  quali non era stata rilasciata ancora l'abitabilità; in particolare per quelli che avevano attinto al 50% del contributo con l'inizio lavori ed ai quali era scaduta la licenza di costruzione (dopo 2 anni dal rilascio) e non era stato richiesto il rinnovo.
Obiettivo era quello di accellerare la ricostruzione immettendo denaro, già erogato ai beneficiari, sul mercato del lavoro, anzicchè tenerlo nelle casse delle banche convenzionate che lo retribuivano quasi a zero; di verificare eventuali irregolarità (tipo incasso del 50% del contributo e  lavori fermi- mercato dei contributi, etc); analisi dei problemi di quei cittadini che dovendo incassare il solo stato finale non completavano i lavori.
I benefici, già in parte accennati, potevano ulteriormente essere incrementati con la revoca del contributo e l'acquisizione dello stesso alle casse del Comune, in caso di palesi irregolarità, e con l'acquisizione al patrimonio del Comune di quegli immobili incompleti o difficilmente completabili.
Le somme introitate potevano essere adeguatamente ridistribuite in parte ai privati in attesa di contributo per prima casa ed in parte investite nel risanamento di quelle zone dove insistono ruderi assegnabili con il progetto "case ad un euro".
Chissà se Sgarbi e la sua amministrazione farebbero propria questa proposta?
Nutriamo seri dubbi!!!!!!!




lunedì 19 dicembre 2011

QUANDO LE IDEE NON SONO PROPRIO CHIARE!!!!


Assessore a Salemi: Tania Riccò (ex Pdci ed ex Idv) entra in giunta ma è quella di Sgarbi !


Nicolas Ballario e Giorgio Grasso non fanno neanche a tempo ad entrare in giunta - e stiamo parlando dell’esecutivo comunale di Salemi - che subito il sindaco Vittorio Sgarbi procede con un altro turn over
Ad acciuffare il testimone di uno dei due amministratori “uscenti” - vale a dire Grasso - è un’avvocato piuttosto fascinosa.
Quarantuno anni, un passato nel Pdci e poi anche nell’Idv, a diventare assessore  è Tania Riccò. Colei, cioè, che nel 2010 figurava nella lista delle papabili per la poltrona di vicesindaco a Reggio : ma una scollatura malandrina postata su Facebook e poi riproposta altrove riuscì a mettere la parola fine alla propria candidatura. I media siciliani che seguono le vicende politiche di Salemi oggi parlano di «girandola di assessori» e puntano gli occhi sul colore (dunque sulle alleanze) della giunta guidata dallo storico dell’arte Sgarbi.

Guai a definirla di “centrodestra”, dice la Riccò: «L’amministrazione Sgarbi  non è legata ad alcun partito, trattasi di un quasi governo tecnico, perché è indipendente, e quando ci furono le elezioni la corsa fu contro il Pdl».Probabilmente ignora che al ballottaggio Sgarbi vinse contro il locale candidato del PD, Scuderi! Ci viene poi  da ridere quando definisce la giunta Sgarbi "quasi un governo tecnico",si, si ed il Monti locale si chiamerebbe Pino Giammarinaro!!!!!!

La nomina di Gioacchino Verdirame (che fa il tandem delle new entry assieme alla Riccò), di riferimento al sopraddetto, dimostra che è in atto, ove mai vi fosse stata una rottura, un processo di ricompattamento della maggioranza politica sancita dai risultati delle urne nel 2008. Un comunicato stampa, peraltro, dice che Verdirame entra in giunta in rappresentanza del gruppo consiliare di centrodestra composto da Leonardo Bascone e Salvino Verde.

La Riccò, però, di centrodestra non vuol sentir parlare: negli anni passati la si ricorda sul palco  assieme a Oliviero Diliberto . A seguire, è stata rappresentante delle donne dipietriste reggiane. Ma oggi - rivela - la tessera dell’Italia dei Valori lei non ce l’ha più: "Nel 2011 non l’ho rinnovata - dice mentre al fianco di Sgarbi sta raggiungendo Gela per inaugurare assieme una mostra d’arte -, quindi non sono più iscritta né tantomeno legata ad alcun partito politico."
Quanto poi alle deleghe affidatele da Sgarbi - legalità ed efficienza amministrativa - a oggi la situazione non è ancora chiara, visto che il rimpasto è ancora in corso, e con esso pure le competenze di ciascuno. Quel che è certo è che la Riccò lascerà Vezzano (è dirigente in Comune con responsabilità in materia giuridica): «Ho intenzione di chiedere l’aspettativa per questo mandato politico. Lascerò Vezzano, e andrò a lavorare a Salemi. Mi pare dovuto».
Evidentemente " l'assessora" ha un pò di idee  confuse: non vuol sentir parlare di "centrodestra" ed entra in un esecutivo di centrodestra; definisce la giunta Sgarbi "tecnica" ma è stata eletta da Giammarinaro che è, anche, di centrodestra; il venire a lavorare a Salemi gli sembra un " atto dovuto" ma dovuto a chi? i "salemiti" possono fare a meno dell'assessora che non conosce nè la realtà ne i problemi locali. Signora, un consiglio, se è venuta a Salemi per accreditarsi al fianco di Sgarbi, ci ripensi, e si legga Toscani!!!!!!!!!!!