giovedì 25 marzo 2010

Fino a che punto può arrivare il giudice contabile?Scelte amministrative e fini pubblici degli enti

di Stefano Glinianski, magistrato della Corte dei conti - da il Sole 24 Ore del 25/3/2010

La recente notizia giornalistica secondo la quale il Sindaco di Salemi, Vittorio Sgarbi, si è dimesso dal suo incarico a seguito di una indagine della guardia di Finanza che avrebbe accertato l'uso da parte dello stesso nonché del suo vice sindaco di un'auto di proprietà del Comune, pagando però la benzina, per prelevare e accompagnare alcuni giornalisti in aeroporto, suscita alcuni riflessioni.

La questione è di rilevante importanza in quanto investe il delicato tema dei limiti alla sindacabilità da parte del giudice contabile dell'attinenza delle scelte amministrative con i fini pubblici dell'ente, oltre che alla verifica della compatibilità tra il fine pubblico che si intende conseguire da parte dell'amministrazione e il mezzo prescelto dalla stessa per farlo ove, evidentemente, siano utilizzate risorse pubbliche.
La Corte di cassazione è giunta, a seguito di un iter giurisprudenziale complesso (sul tema, cfr. Cass., sezioni unite, n. 33 del 29 gennaio 2001, n. 6851 del 6 maggio 2003, n. 14488 del 29 settembre 2003 e n. 7024 del 28 marzo 2006) alla conclusione per cui è demandata alla magistratura contabile tale verifica (cfr. Corte dei conti, sez. III appello, n. 2 del 7 gennaio 2003 e sez. Lombardia, n. 1224 del 17 novembre 2003).
Più precisamente, l'orientamento della Suprema corte è nel senso che, ferma restando la possibilità per il giudice contabile di sindacare l'attinenza delle scelte amministrative con i fini pubblici dell'ente in quanto, in tale ipotesi, non vi sarebbe alcuna invasione nel merito di scelte discrezionali, l'articolazione concreta dell'attività rientra nell'insindacabilità sancita dall'art. 3, n. 1, lett. a), della legge n. 639/1996, a meno che non risulti accertata una assoluta e incontrovertibile estraneità della stessa rispetto ai predetti fini.
Orbene, tutto ciò premesso, sorge allora spontaneo un interrogativo: può un Sindaco che si prefigge il fine pubblico della valorizzazione del patrimonio artistico, storico e culturale della sua città determinarsi nel farlo - momento della scelta amministrativa - promuovendone l'immagine all'esterno con il coinvolgimento della stampa e articolando concretamente tale attività magari ospitando dei giornalisti e poi curando l'accompagnamento degli ospiti anche con un'auto di servizio senza incorrere, limitatamente ad un giudizio di responsabilità erariale, in una condotta connotata da colpa grave?
Per offrire una risposta all'interrogativo posto, che rappresenta solo l'occasione per una riflessione di più ampia e generale portata, in quanto diverse possono essere le declinazioni dell'agire amministrativo, sarà opportuno, a parere dello scrivente, che la "relazione complessa" tra il fine pubblico, la scelta amministrativa e il concreto comportamento attuativo della stessa sia oggetto da parte dell'interprete e, soprattutto, di coloro che con diverse funzioni vigilano sul corretto uso delle risorse finanziarie pubbliche, di una analisi attenta sicuramente a valutarne la coerenza, la razionalità e la non esorbitanza, ma senza incorrere nell'errore di decontestualizzare i singoli momenti in cui la stessa si articola.
Tanto al fine di evitare analisi interpretative che, magari incentrando l'attenzione solo su un singolo frammento di un'azione esecutiva di una più ampia articolazione decisionale, potrebbero condurre a decisioni non conformi ai normali criteri di imputazione della responsabilità con effetti, talvolta, perversi e non in linea con un corretto criterio di valutazione della liceità di un comportamento e una conseguente fondata imputazione della responsabilità per danno all'erario.

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