martedì 27 ottobre 2009

Marrazzo si è dimesso "Basta, voglio chiudere"

Possibile il voto a metà marzo. Gli inquirenti: "Non è indagato né è stato convocato"


ROMA - Si è dimesso. Piero Marrazzo ha voluto accelerare la sua uscita dalla Regione Lazio. Non volendo più sostenere il peso di una situazione che gli sta provocando un forte stress. "Basta, voglio chiudere, non avere più nessun contatto con la mia vita politica", avrebbe detto ai suoi collaboratori annunciando la repentina decisione di dimettersi dopo l'autosospensione.



Ieri Marrazzo era stato visitato al Policlinico Gemelli e aveva fatto pervenire alla Regione Lazio il certificato medico di trenta giorni, che aveva fatto scattare l'istituto dell'impedimento temporaneo con delega dei poteri al suo vice Esterino Montino. Certificato medico con una validità di trenta giorni alla fine dei quali, si era detto, avrebbe rassegnato le dimissioni. Poi oggi la decisione di lasciare subito. Nel tardo pomeriggio si riunirà la Giunta regionale per prendere atto della decisione del presidente.



I tempi. Dalle dimissioni al voto passeranno 135 giorni, 90 per i decreti di indizione dei comizi elettorali e 45 per indire i comizi. Dunque se Marrazzo si dimetterà oggi, come annunciato, si potrebbe andare alle urne a metà marzo, ma non è escluso che le elezioni si tengano il 28-29 marzo, in coincidenza con l'Election Day fissato dal governo.



L'istituto religioso. L'ormai ex Governatore del Lazio ha lasciato questa mattina la sua casa per trascorrere qualche giorno in un istituto religioso. In un primo momento si era parlato dell'abbazia di Montecassino, poi in seguito alla diffusione della notizia, la meta è cambiata. L'ex presidente, travolto dallo scandalo di un video che lo ritrae con una trans e ricattato da quattro carabinieri finiti in manette, trascorrerà parte della convalescenza.





In questi giorni Marrazzo era rimasto a casa con la sua famiglia. Ora il trasferimento in una struttura gestita da religiosi anche "per permettergli di recuperare un po' di serenità e di equilibrio".



Indagini. Negli ambienti giudiziari di piazzale Clodio si precisa che "non c'è stata alcuna convocazione in

procura di Piero Marrazzo e non è neppure previsto che debba essere sentito. Almeno per il momento". Le stesse fonti smentiscono, tra l'altro, l'ipotesi di un'iscrizione sul registro degli indagati del presidente della Regione Lazio. Chi indaga sottolinea anche che "allo stato degli atti non ci sono tracce di altri esponenti politici sotto ricatto perché finiti nel giro di trans".



In procura si ribadisce che Marrazzo, in questa vicenda, rimane parte offesa: dunque, non sarà aperto nei suoi confronti un procedimento per l'ipotesi di peculato (in relazione all'uso dell'auto blu) e per quella di corruzione (con riferimento al denaro preso dai carabinieri che hanno fatto il blitz nell'appartamento della trans in via Gradoli).



Per il peculato viene chiarito che Marrazzo aveva diritto all'auto di servizio e con quella poteva andare dove voleva; quanto alla corruzione, gli inquirenti ritengono che il video sia stato girato dai due carabinieri Carlo Tagliente e Luciano Simeone e che l'uomo politico sia stato vittima di un ricatto senza sapere di essere stato filmato. Gli inquirenti hanno anche chiarito che Marrazzo non è stato sottoposto al test antidroga, altra ipotesi circolata in queste ore.



Interrogatori. Oggi il transessuale, conosciuto con il

nome di Natalì, e che sarebbe stato immortalato nelle riprese del video, diventato poi oggetto di ricatto nella vicenda Marrazzo, è stato ascoltato dai carabinieri del Ros. Insieme a Natalì sarebbero stati ascoltati altri transessuali. Gli interrogatori sarebbero necessari, a questo punto dell'inchiesta, per verificare alcuni aspetti ancora poco chiari.



Primo tra tutti c'è da capire attraverso quali canali arrivava la cocaina nell'appartamento di via Gradoli e chi ne faceva uso. Da accertare anche il flusso di danaro contante pagato per le prestazioni di Natalie e degli altri transessuali. Altre verifiche poi serviranno per accertare se al momento dell'irruzione dei quattro carabinieri, poi arrestati, nell'appartamento di via Gradoli, qualcuno all'interno fosse d'accordo con i militari infedeli.

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