domenica 14 luglio 2013

LA LEGGE CHE VALE PER SILVIO !!!!!!

Riportiamo il parere di un autorevole avvocato sulla vicenda che tiene in ansia i destini del nostro Paese, il pronunciamento della Corte di Cassazione sul "Lodo Mondadori"




La legge che vale per Silvio e quella che vale per gli altri !!!!!!!



Domenica 14 Luglio 2013






Accanimento giudiziario o parità dinanzi alla legge? Asservimento del processo a fini politici o ordinaria applicazione della legge e del rito? Le domande sono, da circa vent’anni, sempre le stesse. E tornano prepotentemente a riproporsi ogni qual volta Silvio Berlusconi ingaggi un nuovo duello con la magistratura italiana. Poco importa che sia magistratura giudicante o requirente, giacché quel che conta è che l’esperienza processuale penale, fastidiosa e talora dolorosa qual’essa può diventare per qualunque cittadino italiano, assuma toni e sostanza di battaglia, di scontro esiziale. Alla luce delle vicende che vedono stavolta il leader del Pdl contrapposto alla Suprema Corte di Cassazione, sembra proprio che i contorni del duello finale si profilino in tutta la loro devastante drammaticità.

La fissazione al 30 luglio  della discussione del ricorso avverso le sentenze di condanna subite da Silvio Berlusconi nei due gradi di giudizio di merito del c.d. “processo Mediaset”, ha scatenato offensive dialettiche, dichiarazioni di principio, proclami belligeranti, inquietanti chiamate alle armi. Intendo limitarmi nelle citazioni, anteponendo alle tante solo quelle dei due più autorevoli (ed interessati) interlocutori misuratisi nelle scorse ore sull’argomento: "Una decisione che mi sorprende e mi lascia esterrefatto, e tutti sanno che non sono abituato a usare parole forti". Così il professor Franco Coppi, nuovo difensore di Silvio Berlusconi, colpito nel proposito di "presentare motivi aggiuntivi e memorie" a favore del suo cliente, amareggiato dalla mutilazione dei "tempi di approfondimento assolutamente necessari".

D’altro canto: “La Cassazione ha l'obbligo di determinare l'udienza di trattazione di ogni ricorso prima della maturazione della prescrizione di alcuno dei reati oggetto del procedimento, a pena di responsabilità anche di natura disciplinare, e la Corte ha sempre adempiuto a tale dovere". Così il Primo Presidente della Corte di Cassazione Giorgio Santacroce, il quale ha aggiunto come "nulla vieti" alla Sezione feriale della Cassazione che dovrà esprimersi sul processo Mediaset di poter ricalcolare la prescrizione e di poter, "nella sua discrezionalità e su istanza della difesa, disporre un rinvio della discussione". "Compito fondamentale del giudice è quello di non far prescrivere i processi. La Cassazione si comporta normalmente così".

Entrambi sanno di non aver detto tutta la verità o, meglio, di averne sottaciuta buona e rilevante parte. Punto dolente è la prescrizione del reato. L’inesorabile decorrere del tempo diventa “fatto” processuale. Ed il tempo, per alcuni imputati, è davvero galantuomo: si abbatte sulla contestazione a loro carico, su tutta o su una parte di essa, sulla formulazione dei capi di imputazione, ne provoca l’estinzione, ne cancella la memoria processuale. Punto dolente è la necessità, stavolta, di evitarla, di arrivare cioè alla pronunzia definitiva che affronti – e risolva – il merito della vicenda e con esso i dubbi sulla legittimità delle condanne subite dal Berlusconi innanzi le corti territoriali.

Punto dolente è la necessità di fissare l’udienza di discussione del ricorso ad appena venti giorni dal suo deposito. La necessità di accelerare i tempi di celebrazione, di strappare la regola, di alterare la prassi, è pienamente e legittimamente avvertita, se è vero com'è vero che per comune e diffusa esperienza – e con l’ovvia eccezione dei giudizi cautelari - tra il deposito del ricorso alla Corte di Cassazione e la sua trattazione in udienza, intercorrono non meno di sei mesi.

Ma si badi bene: la massima parte dei processi per reati “comuni”, cioè quelli che rallentano, ingolfano ed appesantiscono l’ordinario svolgersi del lavoro giudiziario, rendendolo mero e defatigante lavorio, sono soggetti ad un’esistenza piuttosto breve. Quei reati, infatti, si prescrivono quasi tutti in sette anni e mezzo (al lordo delle proroghe), epoca brevissima e quasi ridicola se rapportata alle difficoltà logistiche intimamente connesse alle indagini preliminari ed ai dibattimenti.

Di tal massima parte, una rilevantissima percentuale approda infine al giudizio della Corte Suprema dopo avere conosciuto quelli dei tribunali e delle corti di appello. E la Corte di Cassazione, Giudice di legittimità, deve ad ognuno di essi il giusto vaglio, malgrado siano già maturati i termini di prescrizione o (calendario alla mano) siano prossimi alla maturazione. Ed eccoci al vero problema: come evitare la prescrizione dei reati commessi da cittadini che non si chiamino Silvio Berlusconi? Può ragionevolmente credersi che la Corte si produca sempre in sforzi titanici pari a quello cui sta per sottoporsi da qui al 30 luglio prossimo? E’ davvero quella la normalità? Ovviamente no.

Per chi non si chiami Silvio Berlusconi, e non sia difeso dall'avvocato Coppi, la Cassazione ha in serbo l’esercizio di un potere di censura forse più rigoroso ma, purtroppo, spesso sommario. E’ il potere di dichiarare “inammissibile” il ricorso, cioè di non discuterlo neppure, di ritenerlo ab originenon proponibile perché palesemente infondato, perché strumentalmente proposto, perché non correttamente redatto dal difensore di turno o dall’imputato personalmente. La dichiarazione di inammissibilità evita al Giudice di legittimità di dichiarare la prescrizione, semplicemente perché il ricorso è come se in Corte di Cassazione non fosse mai arrivato.

La dichiarazione di inammissibilità non conosce la fretta, arriva a tempo scaduto, a prescrizione ampiamente maturata, ma brutalmente ti spiega che il tuo tentativo da leguleio è stato vano. Il reato, infatti, non si prescriverà mai, perché tu, meschino difensore, hai inoltrato per il tuo protetto un ricorso che non merita neanche d’essere letto, se non per quel minimo che consenta di apprezzarne la necessaria inammissibilità. C’è persino una Sezione della Corte di Cassazione, la Settima, a ciò dedicata! E tutti noi avvocati sappiamo cosa significhi l’assegnazione del proprio ricorso a quella Sezione.

Anticamera del fallimento di ogni strategia processuale, la settima sezione non indugia in pubblica udienza e dedica ai tuoi argomenti difensivi una fugace camera di consiglio. Poco importa che il tuo ricorso sia stato mirabilmente redatto o abbia eviscerato condivisibili ragioni di puro diritto, perché, come il Primo Presidente dice: “compito fondamentale del giudice è quello di non far prescrivere i processi…. La Cassazione si comporta normalmente così".

La dichiarazione di inammissibilità ha un unico limite: mal si addice ai destini dell’imputato Berlusconi. Difficile credere ad un ricorso inammissibile, se patrocinato dal professor Coppi. Difficile credere ad una condanna “decretata” in camera di consiglio per quell’imputato. Quel che va bene per gli altri, cioè per i tanti, forse non va bene per lui. Io, però, penso ancora agli “altri “, troppi, imputati (e, perché no, agli “altri” tanti difensori). A quelli che ancora s’illudono, ed io con loro, che “compito fondamentale del giudice” sia quello di fare il giudice, di applicare la legge con serenità, di esaminare i fatti e di dar conto delle proprie decisioni con equanimità e raziocinio, magari da primi presidenti.

Finalmente una spiegazione chiara ed in chiave giuridica che ci permette di capire, a noi mortali, senza la faziosità, la bugia e la disonestà intellettuale di molti media, come realmente nel nostro Paese la Giustizia viaggi a due corsie a seconda dei personaggi imputati e delle loro cariche, anche e soprattutto politiche...
Togliamo, allora, dalle aule di giustizia il cartello che la legge è uguale per tutti !!!!!

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