venerdì 12 luglio 2013

MACALUSO:«Che volgarità... Ma davvero sono volati simili insulti? "






 INSULTI COME "GIUDIZI POLITICI": L'ADDIO ALLA DISCIPLINA DEL PCI

L'ultima polemica che divide il Pd è più ruvida del solito; a tratti, scivola nel turpiloquio. Per ricostruirla occorre tornare a mercoledì pomeriggio, in Transatlantico. Provate a immaginare: il colpo d'occhio è quello delle grandi occasioni. Lampadari accesi e nemmeno più un posto a sedere sui divanetti; gente che parla in piedi, gente che cammina. Deputati, portavoce, portaborse, funzionari, imbucati, cronisti, commessi. Solito circo.
Da pochi minuti è stata votata la decisione di interrompere i lavori per «una pausa di riflessione» chiesta dal Pdl (a favore Pdl, Pd e Scelta civica; contrari Sel, Lega e M5S). In realtà il Pdl, polemizzando con la Cassazione e per esprimere solidarietà a Silvio Berlusconi, aveva chiesto che il Parlamento restasse chiuso addirittura per tre giorni. La mediazione del ministro Dario Franceschini, capo delegazione del Pd al governo, ha ridotto i tre giorni in tre ore. Ma al momento del voto il Pd si è spaccato.
Orfini e D'Alema
Esce dall'aula l'onorevole Matteo Orfini ,38 anni, portaborse da sempre di Massimo D'Alema.
Pochi passi e  si ferma accanto a un gruppetto di cronisti. Chiacchiere, commenti al voto, alla spaccatura del Pd. La conta di quelli che si sono astenuti, di quelli che 
non hanno votato. Come Paolo Gentiloni. Orfini: «Gentiloni è una merda». I cronisti ascoltano, e c'è chi renderà il concetto meno aspro, chi eviterà di riferirlo; 

Gentiloni
Maria Teresa Meli sul Corriere scriverà invece ciò che ha sentito. Appunto: «Gentiloni è una merda».
Orfini, a questo punto, si allontana e, interpellato dai cronisti delle agenzie di stampa, cambia registro. Gli chiedono: cosa pensa dei suoi colleghi che non hanno votato? Orfini, lapidario: «Sono sciacalli». Il giorno dopo, ieri. Tredici deputati del Pd scrivono una lettera al segretario Guglielmo Epifani e al capogruppo alla Camera Roberto Speranza. Succo della lettera: «Di fronte a veri e propri insulti rivolti da colleghi del Pd ad altri deputati del gruppo, crediamo sia opportuna una valutazione da parte vostra per capire se non siano stati superati i confini minimi della decenza». I firmatari (tra cui Michele Anzaldi e Francesco Bonifazi) siedono quasi tutti tre file sotto a Orfini. Che li osserva gelido. Con uno sguardo, per capirci, simile a quello che metterebbe su D'Alema, tra il perplesso e il disgustato. Orfini, non pensa di aver esagerato? «No». Quelle parole, così volgari... «Io non ho mai detto a Gentiloni che è una merda. Mai. Ci siamo scambiati alcuni sms dopo aver letto i giornali. E lui, con lealtà, ha ammesso di non avermi mai sentito pronunciare una simile parola». Infatti è davanti ai cronisti che lei ha definito Gentiloni in quel modo. «Ripeto: io non ho mai detto che Gentiloni è una merda... mentre non ho problemi a confermare che molti miei colleghi sono degli sciacalli». Nemmeno questo è un bel termine. «Lo so: ma ha la forza di aiutarmi a esprimere un giudizio politico». Continui. «C'è poco da aggiungere: hanno avuto la faccia tosta, lo stomaco, di lucrare su una vicenda complessa come quella che abbiamo affrontato, trasformando un momento di vita parlamentare in un antipasto del congresso. Uno schifo».
Lei, onorevole, continua ad usare concetti molto forti. «Hanno avuto tre ore per porre i loro problemi, ma i dubbi gli sono venuti solo al momento di votare... Sciacalli, Nient'altro che sciacalli». Mentre Gentiloni replica via Twitter («Sono fiero di non aver votato ieri. A @orfini che mi dice: non sei una m. ma solo uno sciacallo rispondo: occhio agli amici del giaguaro»), Emanuele Macaluso, 89 anni, giornalista ed ex sindacalista ed esponente di rango del Partito comunista, sente questi discorsi, queste parole, e trasale. «Che volgarità... Ma davvero sono volati simili insulti? Oh, se ripenso al genere di linguaggio che veniva utilizzato nella sinistra italiana, un tempo, al tempo del Pci...»

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