martedì 15 dicembre 2009

Quell'abbraccio con Fini e le lacrime


Veronica chiama il San Raffaele. Arriva Bersani, incontro caloroso con Berlusconi.


A volte il dramma riavvici­na le persone, produce picco­li miracoli, conseguenze che prima apparivano impossibi­li. Un letto di ospedale può az­zerare tutto, riportare le lan­cette all’indietro. La giornata di ieri del Cavaliere ne è un esempio.


Era impensabile fino a qual­che giorno fa il lungo e affet­tuoso abbraccio, la conversa­zione intima, umana, a due, senza testimoni, con Gian­franco Fini: l’alleato divenuto presunto traditore, il co-fon­datore del partito additato ie­ri come nemico politico, co­lui che con il Cavaliere ha compiuto un lungo percorso politico comune, apparente­mente interrotto qualche me­se fa, quando è scesa quell’in­comunicabilità che per intere settimane i giornali hanno de­scritto.

Ieri mattina la distanza si è azzerata nel momento in cui il presidente della Camera ha messo piede nella stanza del settimo piano del reparto sol­venti del San Raffaele: il pre­sunto traditore è tornato in un attimo «l’amico Gianfran­co », che può essere abbraccia­to, di fronte al quale ci si può commuovere liberamente, senza vergogna, al quale si può comunicare parte del proprio dolore, delle ansie dell’uomo come del capo di governo.

E cosa dire allora dell’incon­tro con Pierluigi Bersani, il primo faccia a faccia con il lea­der del Pd. Non avviene in Transatlantico, non in una sa­letta riservata del Palazzo, ma di fronte a un letto con lo schienale rialzato, due cuscini sistemati in modo da far ripo­sare la schiena del paziente. Un incontro persino ironico, in cui il Cavaliere prende in gi­ro «quel vecchio socialista» del suo portavoce, Paolo Bo­naiuti, trova la forza di raccon­tare una barzelletta e infine la voglia, condivisa dall’interlo­cutore, di scambiarsi almeno un auspicio: che nel Paese si possa riprendere un percorso civile di confronto, di legitti­mazione reciproca, di collabo­razione parlamentare.

Temi che in altri momenti occuperebbero pagine intere di quotidiani e che invece la giornata non può che restitui­re in modo filtrato, legati al­l’eccezionalità del contesto. Troppo presto per dire altro, non si sa nemmeno quando il premier uscirà dall’ospedale, quanto durerà la prognosi. Si sa che è ancora, in parte, sot­to choc. Che alterna la voglia di tornare al lavoro ad un pro­fondo sconforto.

Nell’uomo l’aggressione ha lasciato segni anche interiori, più dolorosi di quelli fisici. A Schifani come a Bossi (che gli tiene la mano durante la visi­ta), così come a tanti altri che si affacciano per un saluto, continua a dire che «tanto odio» nei suoi confronti lo fa «soffrire»: gli risultava com­prensibile, ancorché discuti­bile, prima di averlo speri­mentato fisicamente, prima di averne subito le conse­guenze.

Oggi invece continua a chiedersi «perché?», mentre a chi lo chiama, ai ministri cerca comunque di offrire pa­role di conforto. Se ne meravi­glia la Moratti («mi ha chie­sto se avevo bisogno di qual­cosa »), ne parla in pubblico Gianni Letta: mi ha detto, di­ce il sottosegretario, «dovete assolutamente andare avanti, continuare a lavorare in sere­nità e con impegno anche rad­doppiato, senza cedere nè al pessimismo nè alla sfiducia, dimostrando che questo go­verno lavora per il Paese».

Di mattina, al telefono, c’è anche la moglie Veronica: non parla con lui, non diretta­mente, ma si informa con lo staff della salute del marito. Filtrano piccoli dettagli, ma sono in fondo insignificanti. Anche in questo caso il fatto è, a suo modo, eccezionale: un marito e una moglie (in via di divorzio) sembrano riavvicinarsi, ma solo in mo­do impercettibile, attraverso uno squillo. L’affetto recipro­co, quello che ancora vive, viene comunicato per inter­posta persona.

Per alcune ore la telefona­ta, in alcune indiscrezioni, viene restituita come diretta con il Cavaliere. Alla fine, in serata, Palazzo Chigi smenti­sce la notizia. La giornata ha prodotto altri piccoli miraco­li, non quello che in tanti han­no immaginato. Per Berlusco­ni «è la cosa che fa più male, sono sempre il padre dei suoi figli...». Se ne rammarica con chi lo va a trovare. Alcune di­stanze non possono essere az­zerate.



Marco Galluzzo

15 dicembre 2009

Fonte "Corriere della Sera"

1 commento:

  1. Nella vita di un politico gli atti di delegittimazione possono essere svariati e molteplici, e più diventano delegittimanti quando piuttosto che dai "nemici" politici
    vengono posti in essere dagli "amici".Quando,
    poi a questo si aggiungono critiche e rancori,
    magari familiari,dati in pasto alla stampa avversaria, il concetto di delegittimazione si completa e diventa quasi un motivo legittimo di attacco personale e privato anzicchè rimanere nell'alveo del dibattito politico.
    Perchè questa considerazione? Perchè sono convinto che ad alimentare l'odio intorno al premier Silvio Berlusconi, l'odio si badi bene, alla persona,all'uomo hanno contribuito anche atteggiamenti posti in essere da persone a lui molto vicini.
    1)La signora Veronica Lario,certamente delusa dall'atteggiamento disinvolto del marito con le donne,anzicchè lavare i panni sporchi in famiglia, ha voluto esternare a tutta Italia la sua mortificazione e la sua amarezza.Ok, modi di pensare anche se non condivisibili.Ma come lo fa, lo fa scrivendo una lettera prima al Corriere della Sera e poi a Repubblica,il quotidiano quest'ultimo che non fa informazione
    sull'operato di Silvio Berlusconi, ma lo combatte su tutti i fronti:politici, personali,giudiziari,morali, lo combatte come politico, ispirando la lotta politica contro di Lui ripresa da numeroso forze politiche, lo fa combattendolo come uomo in tutte le sue sfaccettature:così nasce il caso Noemi, il caso D'addario,la prostituta pugliese, così nascono le 10 domande a cui Berlusconi dovrebbe rispondere che diventa il tormentone della scorsa estate.
    E chi può dire che il quotidiano non si sia sentito legittimato a mettere alla berlina il premier anche dalla lettera che la moglie ha voluto pubblicare sulla sua prima pagina?
    2)Il Presidente della Camera dei Deputati, terza carica dello Stato, negli ultimi mesi non ha perso occasione per manifestare il proprio dissenzo sulle posizioni del premier,impartendo lezioni di democrazia e di principi costituzionali.E' lo stesso Fini che ha fondato insieme a Berlusconi quello che allo stato attuale è il primo partito politico italiano il PDL! Attenzione, il confrontarsi, all'interno dello stesso schieramento su posizioni diverse è altamente qualificante e costruttivo per qualsiasi schieramento politico,ma se ciò rimane nell'ambito di una dialettica interna allo stesso partito.Differenziarsi, con la scusa di occupare una carica istituzionale che deve essere di garanzia per tutti,e non discuterne all'interno del proprio schieramento è rischiosamente delegittimante per gli stessi appartenenti a quello schieramento.
    Può ritenersi Fini esente da tale responsabilità? Credo proprio di no e le lacrime del Cavaliere nell'incontrarlo in questo difficile momento la dice lunga sulla delusione di Berlusconi.
    3)Non voglio poi parlare dei vari Casini,Cuffaro e soci in affari, meno male che se ne è liberato.
    In conclusione rifletta Berlusconi;pensi serenamente se alla sua demonizzazione non abbiamo contribuito anche fattori interni che hanno, erroneamente,fatto pensare ai suoi detrattori, che le mazzate ricevute a livello personale ed a livello politico interno,li giustificasse maggiormente nell'opera di distruzione dell'uomo (anche con metodi violenti) e del politico (anche per via giudiziaria).

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