giovedì 25 aprile 2013

CALUNNIATORI CI SI NASCE, DISONESTI INTELLETTUALMENTE CI SI DIVENTA !!!!!!


Ci sono persone che nella vita per motivi diversi, frustrazione in particolare, assumono posizioni in contrasto con tutto e con tutti con la presunzione di essere unici e originali portatori di verità e di buon senso.In genere, data la patologia, dovrebbero essere compresi ed aiutati anche se spesso questo non avviene.

Ci sono, poi, individui che invece nascono malvagi nell'anima spesso per un sentimento di inferiorità che li fa sentire a disagio verso il genere umano e che per riequilibrare tale handicap calunniano e bestemmiamo contro di esso (calunniatori) oppure avendo una parvenza di cervello lo utilizzano per tenere comportamenti intellettualmente disonesti per congregare i loro simili.
Alla prima categoria appartiene Grillo alla seconda Travaglio!

Ecco cosa i due si sono inventati per la ricorrenza del 25 Aprile, Grillo dal suo blog, Travaglio dalla pagine del Fatto:


Grillo seppellisce il 25 aprile, Travaglio le istituzioni !!!

In quelli che sembrano giornate, finalmente, di riconciliazione nazionale, con Pd e Pdl che si apprestano a varare un governo di larghe intese, Beppe Grillo affossa la data simbolo di quella riconciliazione: il 25 aprile, giornata di resistenza al nazifascismo e data fondativa della nostra Repubblica. In uno dei suoi post-delirio, il leader del M5s suona le campane a morto. E c'è da capirlo, vista l'irrilevanza politica a cui si è ridotto. Scrive Grillo: "Nella nomina a presidente del Consiglio di un membro del Bildeberg il 25 aprile è morto, nella grassa risata del piduista Berlusconi in Parlamento il 25 aprile è morto, nella distruzione dei nastri delle conversazioni tra Mancino e Napolitano il 25 aprile è morto, nella dittatura dei partiti il 25 aprile è morto, nell'informazione corrotta il 25 aprile è morto"

Editoriale di oggi, 25 aprile, firmato da Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano


In ossequio alle nuove disposizioni impartite dal Minculnap alla stampa nazionale affinché cooperi con il nuovo governo evitando notizie e atteggiamenti disfattisti per il bene supremo della Patria, e a parziale rettifica di quanto affermato in questa sede, teniamo a precisare che, nonostante le apparenze, l'Italia non s'è trasformata in una monarchia assoluta. Nelle monarchie assolute, infatti, la corona e il trono si tramandano di padre in figlio, mentre in Italia si procede per imbalsamazione (presidenza della Repubblica) o per una particolare forma di partenogenesi modello Paperopoli, da zio a nipote (presidenza del Consiglio). Entrambe le discendenze denotano comunque una ristrettissima varietà di cognomi (da Napolitano a Napolitano, da Letta a Letta), onde evitare il disorientamento delle masse e assicurare la dentizione e nutrizione dei branchi (il cosiddetto "familismo molare"). Per il resto, il quadro è chiarissimo.
In ossequio ai principi della più squisita democrazia parlamentare e della più rigorosa separazione dei poteri, il Presidente della Repubblica si presenta alle Camere genuflesse per chiedere la fiducia sotto la minaccia di sganciare l'arma letale: le sue dimissioni. E così confessa di aver accettato il secondo mandato a una precisa condizione: che il Parlamento gli consenta di fare il governo che vuole lui, altrimenti se ne va. I vecchi partiti obbediscono per acclamazione, ben lieti di prendersi qualche finta scudisciata in cambio del salvataggio delle rispettive poltrone e prebende. Sistemato il potere legislativo, il Presidente risale sull'ermo Colle e si occupa dell'esecutivo: finge di consultare i partiti per mezza giornata (il tempo di una genuflessione per uno), poi finge di pensarci su un'intera notte, infine incarica un suo clone, che appena nato era già vecchio, ma giusto perché non può fare tutto lui ed è bene che, almeno formalmente, le cariche di presidente della Repubblica e del Consiglio siano affidate a due persone diverse. Però tiene a precisare che Lettino l'ha scelto lui, mica il Parlamento.
Tanto il Nipote, a parte rimangiarsi quel che ha detto per anni su B., non ha molto da fare: il programma gliel'ha già scritto Napolitano, tramite gli appositi saggi, saggiamente nominati quando ancora si pensava che avrebbe lasciato il Quirinale. Idem per la lista dei ministri, una pura formalità: il capo dello Stato la passa al premier che l'indomani, cioè oggi, gliela riporta su al Colle, dove lui fingerà sommo stupore come se non fosse sua e poi la firmerà; seguiranno giuramento, brindisi e molte autocongratulazioni. Così sistemati il legislativo e l'esecutivo, cosa resta? Ah sì, i poteri di controllo. Ma anche lì il più è fatto. La Corte costituzionale, che ha nelle mani il processo Mediaset per un conflitto di attribuzioni, doveva sbloccarlo ieri con una sentenza: ma ha fatto sapere che non è il momento, se ne occuperà un'altra volta, ci farà sapere, non c'è fretta.
Il tutto per bocca del relatore Sabino Cassese, giurista insigne, già consigliere del Colle e candidato del Colle al Colle, nonché accompagnatore e tutor della brillante carriera universitaria di Giulio Napolitano (da non confondersi con Giorgio: è il figlio). Viene così rinviata sine die, e forse avviata a prescrizione, sentenza che potrebbe trasformare un padre della Patria in un pregiudicato per frode fiscale, altrimenti poi la gente si ricorda i processi (peraltro tutti sospesi da giudici servizievoli fino a data da destinarsi) e torna in piazza. Resta qualcosa? Ah, già, la libera stampa: il Presidente assume su due piedi la guida dell'Ordine dei Giornalisti e della Federazione della stampa e lancia il monito più superfluo della storia dei moniti, quello a "favorire, cooperare e non rinfocolare". I cooperanti annuiscono quasi all'unisono, solo un po' offesi dal sospetto di voler rinfocolare: ma quando mai, Sire. Com'è umano lei.
Due individui tra i peggiori che la nostra storia repubblicana potrà ricordare !

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